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Alcune semplici regole per la cura ottimale della Tillandsia

Alcune semplici regole per la cura ottimale della Tillandsia

Scritto da Massimo Tortorici, 23 Ott 2024. Pubblicato in Caffè Tropicale.

Considerare le Tillandsie delle vere e proprie piante è il primo passo. Curarle in maniera completamente diversa dalle altre piante è il passo successivo.

Capita spesso ti scovare, nei mercatini di piccoli artigiani, siano questi legati al mondo delle piante o non, eleganti oggetti decorativi, da tenere sospesi tramite un gancio, da esporre poggiati, o da appendere al muro. Il comun denominatore è l’elemento “verde” incluso nel prodotto, vale a dire la Tillandsia. Già, quella strana pianta che non sembra appartenere al regno vegetale: niente radici, strane foglie, spesso di colore non convenzionalmente verde, e quasi sempre integrate in altri elementi, a formare, appunto, un oggetto decorativo. Che ve le abbiano regalate o le abbiate comprate per voi, trattandosi comunque di piante, c’è una sola domanda che dovete porvi, prima ancora di capire dove collocare quell’oggetto decorativo: come si curano le Tillandsie? Di quanta luce hanno bisogno? Di quanta umidità? Come si tengono vive e magari le si fa crescere? Proviamo a parlarne in questo articolo, cercando anche di sfatare qualche falso mito.

Le Tillandsie non sono piante autonome

Il principale falso mito legato alle Tillandsie è proprio nel titolo di questo paragrafo. Le Tillandsie non sono piante autonome. Sono piante, per l’appunto, e quindi, come tutte le piante, hanno bisogno di determinate cure. Cioè, nel momento in cui mettiamo in casa un oggetto decorativo che ha nella presenza di Tillandsie una delle sue caratteristiche principali, dobbiamo già sapere che quella “cosa” verde o grigio-verde che ci piace tanto, non può “campare d’aria”. Già, non basta l’umidità del nostro bagno. Né tantomeno è sufficiente spruzzarla una volta ogni tanto. Se pensate che basti così poco, state certe/i che la vostra Tillandsia avrà vita breve e che poi vi ritroverete un quadretto, un’ampolla, o qualunque altro supporto decorativo senza la vera protagonista, e quindi spoglio, inutile. Per capire come mantenere una Tillandsia bisogna tornare alle origini, e cioè, come avviene per tutte le piante, soprattutto quelle tropicali, inquadrare il contesto in cui vivono e prosperano in natura.

Come e dove vivono le Tillandsie in natura

Originarie delle zone umide di centro e sud-america, le Tillandsie sono anche chiamate “Air Plants” e cioè letteralmente “piante dell’aria”. La ragione è semplice: l’esiguo apparato radicale delle Tillandsie serve loro solo ad ancorarsi ad un sostegno (un po’ come le Orchidee e come tutte le “epifite” in generale), mentre per nutrirsi utilizzano le foglie. La Tillandsia, cioè, massimizza l’umidità ambientale (e anche le piogge), incamerandola attraverso le foglie, nello specifico attraverso micro-strutture chiamate “tricomi”. Simili agli stomi, questi pori, fondamentali per l’assorbimento dell’umidità, in molti casi servono anche a schermare la Tillandsia da eventuali raggi diretti. Ora, immaginate di trovarvi nello Yucatan nel bel mezzo di una foresta lussureggiante, l’umidità del giorno, quella notturna, le tipiche piogge tropicali. Ecco, ora tornate a casa vostra, l’ambiente più umido magari, il bagno. Secondo voi una Tillandsia sarà mai in grado di cavarsela da sola, o con qualche nebulizzazione ogni tanto? La risposta la conoscete già.

Nebulizzazione

Appurato che le Tillandsie hanno bisogno di molta umidità per stare al meglio, dobbiamo calarle nella realtà delle nostre abitazioni e della nostra routine/impegni quotidiani. È chiaro che non potremo mai garantire l’umidità di una foresta tropicale. Quello che possiamo fare è adottare una soluzione pratica e veloce, da adottare più o meno quotidianamente, giusto per farla sopravvivere: nebulizzare dell’acqua. Non semplice acqua del rubinetto, soprattutto se questa è molto calcarea. Il rischio è che nel tempo i “tricomi”, i pori presenti sulle foglie deputati al nutrimento, possano otturarsi. Meglio quindi usare acqua minerale, micro-filtrata, o del rubinetto ma solo se fatta decantare 24-48h. Anche l’acqua distillata va benissimo. Il consiglio è di tenere da parte un flaconcino con nebulizzatore contenente l’acqua per le vostre Tillandsie e di adottare la routine di dare 3-4 spruzzate al giorno. Fondamentale che l’acqua fuoriesca miniaturizzata e che questo venga fatto almeno a 30 cm di distanza. Il motivo? Evitare pericolosi ristagni idrici tra le foglie.

Bagnetto ricostituente

Ok nebulizzarle, ma volete mettere un bel bagno in una vaschetta piena d’acqua? Fare un bagno ogni tanto è fondamentale per le Tillandsie “casalinghe”. La nebulizzazione quotidiana è infatti una soluzione tampone, ma il grosso dell’acqua bisogna farglielo prendere con un bel bagno. La durata del bagno sarà direttamente proporzionale alla frequenza che intendete adottare e al numero di giorni di autonomia che volete dare alla vostra Tillandsia. Facendo due esempi pratici: nella stagione estiva, nei periodi in cui sarete in casa, basterà fare un bagnetto di 5-10 minuti ogni 2 settimane, considerando però anche le nebulizzazioni quotidiane; il giorno prima di andare in vacanza 15 giorni, sarà invece necessario fare un bagnetto di mezz’ora, per dare alla vostra Tillandsia la possibilità di incamerare più acqua. In inverno, con metabolismo più lento causa meno luce, basterà fare un bagnetto al mese. In ogni caso, tenete conto che quando i margini delle foglie della vostra Tillandsia si chiudono verso l’interno, vuol dire che è arrivato il momento del bagno. Usare sempre acqua a temperatura ambiente, poco o per nulla calcarea, come riportato nel paragrafo precedente.

L’importanza dell’acqua piovana

Volete portare la salute delle vostre Tillandsie al livello successivo? La risposta è: pioggia. No, non dovete metterla sotto la pioggia. Basterà raccogliere acqua piovana, metterla da parte, e usarla per i bagnetti. L’acqua piovana è infatti ricca di azoto, elemento fondamentale per la crescita rigogliosa di qualsiasi pianta, Tillandsie incluse, e rappresenta quindi il modo migliore per nutrire al meglio le vostre Tillandsie. Vedrete, quasi cambieranno forma dopo un bagnetto in acqua piovana! In alternativa, è possibile utilizzare concime per orchidee, diluito a ¼ o più rispetto a quanto espresso in etichetta.

Attenzione ai ristagni (e alla luce)

Sia che nebulizziate, o che gli facciate il bagno, è importantissimo evitare i ristagni idrici. Nel primo caso, basterà avere un nebulizzatore che miniaturizzi bene l’acqua (no gocce grandi) e spruzzare a una distanza di almeno 30 cm; nel caso del bagno, invece bisognerà scrollare bene la vostra Tillandsia a fine bagnatura, in modo da far cadere giù eventuali gocce d’acqua intrappolate nelle ascelle fogliari. In natura le Tillandsie non hanno problemi di ristagno, l’aria, il vento, fanno il loro dovere. In un ambiente tranquillo come un appartamento, bisogna organizzarsi con altro (vietato usare l’asciugacapelli!). Un aspetto da non sottovalutare: proprio perché le Tillandsie sono piante a tutti gli effetti, che in natura vivono in ambienti con luce intensa, è importante assicurare loro la giusta dose di luce, diffusa meglio che diretta. Non fate che le mettete in un bagno cieco!

Considerazioni finali

Oltre alle semplici cure di cui necessitano le Tillandsie, una cosa è certa: sia che compriate un oggetto decorativo comprendente una Tillandsia, o che vi inventiate voi un modo originale per esporla, è molto importante pensare alla praticabilità della manutenzione. In qualsiasi modo questa sia ancorata ad un supporto, deve sempre esserci un modo sufficientemente semplice di sganciarla per permettervi di farle un bel bagnetto ogni tanto; allo stesso modo il supporto deve poter sopportare nebulizzazioni quasi quotidiane, senza rovinarsi. Sembrano due aspetti scontati, ma dando un’occhiata a cosa si trova in giro, non lo sono per niente. La salute della Tillandsia prima di tutto!


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Come far rifiorire un’orchidea

Come far rifiorire un’Orchidea

Scritto da Massimo Tortorici, 27 Feb 2024. Pubblicato in Caffè Tropicale.

Tutto quello che bisogna sapere per far fiorire nuovamente le proprie Orchidee

Le Orchidee. Tra le poche piante che, durante il loro ciclo di vita passano dall’essere considerate bellissime, stupende, a brutte, inutili, insignificanti. Eh già i fiori delle Orchidee sono preponderanti molto più che per altre piante. No di certo per il profumo, praticamente inesistente, e solo parzialmente per il loro leggendario aspetto estetico. Il motivo principale per il quale i fiori di un’orchidea “fanno così tanto la pianta” è che durano settimane, in molti casi mesi, se siete brave/i.

Ed è così che quando le Orchidee perdono i fiori andiamo nel panico e non sappiamo più cosa farci con quella pianta piena di radici a vista, bassa, con 4-5 foglie piatte e insignificanti. A meno che non si sappia come farle rifiorire. Ecco, questo articolo è per voi, voi che siete tentate/i di relegare in un angolino la vostra Orchidea sfiorita o, peggio ancora, cestinarla (sì, succede anche questo).

Come funziona un’Orchidea

Le Orchidee sono piante epifite, cioè in natura crescono aggrappate a tronchi e rami di alberi; le radici sono pressoché esposte all’aria, e nutrono la pianta mantenendosi umide tramite la pianta ospite e l’aria circostante. La fioritura è, come tutti sappiamo, contraddistinta da fiori più o meno grandi, molto appariscenti, dai colori e forme più disparate. Una pianta che ha fiori di tale caratura deve, per ovvi motivi, avere una struttura che le permetta di assorbire tanto nutrimento e di trasformarlo in energia; è per questo che le Orchidee hanno un apparato radicale così ingombrante oltre che forte (devono pur sempre aggrapparsi ad un supporto). Ed è per questo che le foglie di un’Orchidea, soprattutto per le Phalaenopsis (la varietà in assoluto più diffusa, ma quello che scriveremo qui vale un po’ per tutte le varietà di Orchidea), sono così turgide e carnose. Ecco, banalmente, foglie e radici sono i due elementi endogeni che fisiologicamente determinano la capacità per un’Orchidea di fiorire in futuro.

Come e perchè cimare uno stelo sfiorito

Prima di approfondire le cure di radici e foglie, parliamo però di un aspetto fondamentale, propedeutico alla ri-fioritura: il trattamento degli steli sfioriti.
Per prima cosa, dobbiamo distinguere tra steli secchi e steli verdi: se lo stelo sfiorito comincia a seccare, dalla cima alla base, c’è poco da fare, va tagliato. Non bisogna aspettare che secchi del tutto, se già la prima metà è seccata, meglio non perdere tempo. Il taglio va fatto il più vicino possibile al punto di uscita dal fusto, lasciando però almeno un nodo (2 nodi, se il primo è praticamente adiacente al fusto). I nodi sono quelle intaccature che sembrano dividere ad intervalli regolari gli steli. Tagliando in questo modo daremo alla nostra Orchidea due alternative: a) produrre un nuovo stelo a partire dal nodo dello stello cimato; b) far spuntare un nuovo stelo direttamente dal fusto.

Il taglio di uno stelo di Orchidea: una questione di stile

Non è detto che gli steli sfioriti vadano tagliati. Eh già, se gli steli, dopo aver perso i fiori, rimangono verdi, avete molteplici possibilità! Potete:

  • Lasciare gli steli così come sono: ricominceranno a fiorire a partire dalla punta
  • Tagliare gli steli ad un’altezza a piacere, poco al di sopra di uno specifico nodo: una nuova ramificazione con fiori spunterà da uno de nodi sottostanti il taglio
  • Tagliare gli steli alla base, come descritto nel paragrafo precedente.

Naturalmente, se avete la fortuna di avere un’Orchidea a 2 o più steli, potete sbizzarrirvi e tagliare a vostro piacimento, magari provando tutte e 3 le modalità. È solo una questione di gusto estetico, niente di più.

“Fatta la cimatura degli steli sfioriti, quindi, la mia Orchidea rifiorirà!” No, non basta, c’è bisogno che una serie di altre cose siano a posto, e non sto parlando di congiunzioni astrali. Vediamo di che si tratta.

Rinvaso sì o rinvaso no?

Le nuove radici delle Orchidee, a differenza di quanto avviene per la maggior parte delle piante che abbiamo nelle nostre case, spuntano fuori dal fusto che, in genere, è al di sopra del terriccio. Vedere spuntare una nuova radice di Orchidea è sempre emozionante, il suo colore verde acqua è il simbolo della salute. Le stesse radici all’interno del vaso costituiscono l’elemento in base al quale decidere se un’Orchidea ha bisogno di acqua o no (9,9 volte su 10 le Orchidee sono coltivate in vasi trasparenti). Capire quindi se un’Orchidea ha bisogno di un rinvaso è molto più facile rispetto a tante altre piante. Quando cominciano ad essercene tante di più rispetto al substrato (rapporto 60-70% radici, 30% substrato), allora occorre fare un rinvaso. Altrimenti, statene certe/i, sarà molto dura mantenere costantemente umide le radici e quindi assistere ad una nuova fioritura. Giusto un paio di raccomandazioni: fate il rinvaso solo se la vostra Orchidea non è in fase di fioritura, lo stress potrebbe interromperla; utilizzate solo un misto di fibra, chips di cocco e bark (qui un approfondimento sui vari elementi), diffidate da sedicenti “terricci per orchidee” che contengono torba o addirittura una percentuale di terriccio. Questi ultimi sono il modo migliore per far marcire le radici di un’Orchidea.

L’importanza delle foglie

La nascita di nuove foglie di Orchidea non sarà di certo un evento così emozionante, ma è pur sempre fondamentale. Ricordate che radici sane e, soprattutto, tante foglie disponibili, aumentano le possibilità che la vostra Orchidea rifiorisca. Più foglie significa più fotosintesi e averne almeno 4-5 al loro posto è di fondamentale importanza per la produzione dell’energia necessaria per un processo così impegnativo come è la fioritura. Quindi preservatele e ripulitele spesso dalla polvere con un panno umido.

Luce diretta o finestra a nord?

Quante volte avete visto Orchidee posizionate davanti a finestre dove però non arriva sole diretto? Trattasi di finestre esposte a Nord, grado più grado meno, che quindi forniscono la giusta combinazione di luce/temperatura utile al mantenimento della fioritura. Già, questo in primavera/estate. Ma in autunno o, peggio ancora in inverno? La luce autunno-invernale è, lo sappiamo, meno intensa (il sole è più lontano dal nostro emisfero), e la quantità di ore luce giornaliera è decisamente limitata. La vicinanza ad una finestra esposta a nord, potrebbe non bastare a fornire i fotoni sufficienti a far rifiorire la vostra Orchidea. Se necessario, quindi, spostatela già a novembre/dicembre, in stanze meglio esposte, dove entra per qualche ora luce diretta. Nel caso i raggi solari dovessero toccare per qualche ora l’Orchidea, non sarebbe un problema; come detto, il sole invernale non scotta. Quando vedrete spuntare e crescere un nuovo stelo voglioso di fiorire, capirete che avete fatto la mossa giusta.

Temperatura e umidità

Dando per scontato che sappiate che le Orchidee non devono essere esposte a correnti d’aria fredda, né posizionate vicino ai caloriferi, è importante che la temperatura non scenda mai al di sotto dei 16 gradi. L’umidità è fondamentale, ma solo all’interno del vaso (le Orchidee non vanno mai nebulizzate, si rischiano pericolosissimi ristagni d’acqua tra le ascelle foliari). La bagnatura, neanche a dirlo, va fatta solo per sub-irrigazione (30 minuti circa), mai dall’alto.

Conclusioni

Lo avete capito, l’Orchidea va trattata come tutte le altre piante; e cioè la fioritura va considerata come un processo extra, bellissimo sì, molto duraturo, ma pur sempre extra. Le Orchidee funzionano se hanno la giusta luce, se le radici sono sane, areate e idratate. Concentratevi su questi semplici aspetti e vedrete che la fioritura sarà una normale conseguenza.


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Perchè la mia Alocasia perde le foglie?

Perchè la mia Alocasia perde le foglie?

Scritto da Massimo Tortorici, 18 Gen 2023. Pubblicato in Caffè Tropicale.

Le principali cause di decadimento delle foglie di un’Alocasia e le relative soluzioni.

Le Alocasie sono tra le piante d’appartamento più in voga negli ultimi anni. Amazonica, Melo, Frydek, Macrorrhiza, Pink Dragon, Zebrina…se questo articolo ha attirato la vostra attenzione, sicuramente avete una o più tra queste splendide varietà di Alocasia. Le avete acquistate perchè le sue (o le loro) foglie vi hanno fatto impazzire, così grandi, con venature marcate, vellutate (a seconda della specie). Già, ma che succede quando le foglie delle vostre Alocasia cominciano a cadere? Essendo questa una situazione che si verifica soprattutto nei mesi freddi, si tratta di un processo fisiologico, o c’è qualcosa che non va? Potete fare qualcosa per migliorare le condizioni delle vostre Alocasia? In questo articolo si cercherà di rispondere a questi interrogativi, approfondendo tutte le cause che possono portare le vostre Alocasia a perdere le foglie, suggerendo rimedi possibilmente utili ad evitare di ritrovarci con una pianta con una foglia sola.

Condizioni ideali per far crescere un’Alocasia in casa (e limitare la perdita di foglie)

Le Alocasia sono piante dal portamento eretto. Hanno origine da un rizoma, dal quale parte anche l’apparato  radicale. Le foglie sono piuttosto grandi, se paragonate al fusto. Per mantenere ciascuno foglia, un singolo rizoma di Alocasia ha bisogno di parecchia energia e soprattutto ha bisogno che tutte le condizioni ambientali siano a livelli ottimi e in equilibrio tra loro. Quali sono queste condizioni? Per rispondere a questa domanda, basta pensare a come e dove vive in natura: foreste pluviali, in particolare nel sotto-bosco, affondando le radici in substrati molto areati e umidi, ad una temperatura che oscilla tra i 20 e i 30 gradi. Quindi, che le condizioni ideali per la crescita (in salute) di un’Alocasia sarebbero:

  • Almeno 12 ore di luce forte indiretta ogni giorno
  • Temperature medie intorno ai 24-25 gradi
  • Substrato costantemente umido, ma al tempo stesso ben drenato e arieggiato
  • Umidità circostante compresa tra il 60 e l’80%
  • Foglie costantemente pulite (in natura ricevono pioggia quasi ogni giorno, auto-pulendosi e drenando l’acqua in eccesso tramite gli apici fogliari

È chiaro che riuscire a mantenere per tutto il tempo delle condizioni ideali è qualcosa di molto difficile. Se lo squilibrio tra queste voci è minimo,  l’impatto a livello fogliare sarà minimo. Maggiore (e più prolungato nel tempo) sarà lo squilibrio, maggiore sarà la probabilità che le vostre Alocasia comincino a manifestare il proprio disagio tramite caduta di più foglie.

Quando la caduta delle foglie non deve preoccupare

Fatta questa bella premessa, capite bene che in inverno, o comunque nei nostri mesi freddi, noti come “periodo di riposo”, qualche foglia le vostre Alocasia la perderanno, è fisiologico. L’importante è che si tratti di episodi sporadici e molto distanziati tra loro. In generale, un fusto di Alocasia che perde fino al 50% del proprio “patrimonio fogliare” ci può stare durante un autunno-inverno passato in vaso dentro un appartamento. Più lentamente vi avvicinerete a questa soglia, più potrete fare sonni tranquilli. Se però già ad inizio novembre le vostre Alocasia hanno raggiungo questa soglia, perdendo una foglia ogni 10-15 giorni, beh, forse è il caso di preoccuparsi un po’, ricercare l’origine del problema, e intervenire.

Troppa acqua

La causa numero uno, la più comune in assoluto responsabile della perdita di foglie per un’Alocasia,  è  l’eccesso di irrigazioni. O meglio, un substrato che rimane troppo umido, direi bagnato, per troppi giorni. Le cose sono due: o avete annaffiato troppo e troppo spesso, o la vostra Alocasia è coltivata in un substrato inadatto, poco arieggiato e che trattiene troppa acqua; oppure sono vere entrambe le condizioni. Quella che è certa è la conseguenza: foglie arricciate, o con fusti abbassati, che ingialliscono rapidamente e, a quel punto, facilmente asportabili. Sicuramente c’è anche del marciume radicale; bisogna vedere se questo marciume ha innescato anche delle malattie fungine. Per affrontare la situazione dovete cercare di ripristinare il più velocemente le condizioni ideali per la vostra Alocasia, in termini di umidità del terreno. Fate pure riferimento a questo articolo per tutti i dettagli. Se poi volete comprendere meglio perchè un’aracea come l’Alocasia ha bisogno di un substrato di un certo tipo e quali elementi utilizzare per comporlo, date un’occhiata a quest’altro articolo.

Poca acqua

Magari siete già molto attente/i a non innaffiare troppo, ma non esagerate, e non dimenticate di mantenere un minimo umido il substrato delle vostre Alocasia. Potrebbe innescarsi il problema opposto a quello descritto in precedenza, ovvero secchezza. La conseguenza è sempre la stessa, radici danneggiate e foglie che cadono. Ovviamente in questo caso è molto facile individuare il problema, ed è altrettanto facile risolverlo. Innaffiate subito, procedendo per sub-irrigazione (facendole prendere l’acqua dal sottovaso) nel caso in cui il substrato sia particolarmente duro e secco. Nei casi più problematici, con un po’ di pazienza, dopo la nascita di nuove sane radici, la perdita di foglie si fermerà.

Temperatura

Anche le temperature sono importanti per la salute delle Alocasia. In inverno i pericoli principali sono le correnti d’aria fredda e i termosifoni. Nel primo caso, se vi piace arieggiare casa sempre e comunque, ok, è un’ottima idea; tenete conto però che le correnti d’aria fredda possono dare un bello shock, non solo alle Alocasia in  realtà, ma a tutte le altre piante tropicali che avete eventualmente in casa. Da evitare anche la vicinanza alla porta di ingresso, l’apertura/chiusura della porta ogni giorno non può che essere un pericolo per l’equilibrio termico. Nel caso facciate uso di termosifoni, beh, penso sia abbastanza condivisibile l’idea di non posizionare le vostre Alocasia (e non solo) a due passi da queste fonti di calore “infernali”. Se poi riuscite, usate proprio meno i termosifoni, l’umidità media degli ambienti sarà più congeniale alle vostre Alocasia; in alternativa, mettete in campo uno o più metodi utili ad incrementare l’umidità circostante.

Luce inadeguata

La luce, lo sappiamo, è un elemento importante per qualsiasi pianta, Alocasia inclusa. É però  anche noto che molte piante resistono ugualmente in condizioni di luminosità medio-bassa o comunque non ideale. Comunque, se la posizione che avete scelto per le vostre Alocasia risulta buona in primavera/estate, può non esserlo altrettanto nei mesi freddi. Capita spesso con esposizioni ad ovest o a nord. Come detto, in questi casi non è a rischio, a prescindere, la salute delle vostre Alocasia. Di sicuro però entreranno prima nel periodo di riposo vegetativo, e ne usciranno più tardi. E questo vuol dire un periodo più lungo nel quale cercare di tutelare il loro patrimonio fogliare. E significa anche che, nel caso di eccesso di irrigazione, marciume radicale e malattie fungine saranno molto più probabili. Il motivo è semplice: il fatto di non ricevere tutta la luce necessaria fa sì che le vostre Alocasia non producano (tramite fotosintesi) energia a sufficienza per poter essere in piena forma, risultano quindi più deboli.

Attacco parassitario

Ovviamente in un articolo del genere non possono mancare loro, i parassiti. Tripidi, Ragnetto Rosso e Acari sono quelli che più comunemente possono attaccare le vostre Alocasie. In tutti i casi, le condizioni ideali per la loro proliferazione sono il caldo e la scarsa umidità, nel terreno e sulle foglie della pianta in generale. L’estate è quindi la stagione in cui stare più attenti/e a questo genere di calamità, ma ovviamente il problema può esordire già in primavera o, se già verificatosi, prolungarsi fino all’autunno. Attenzione però, se in inverno la temperatura di casa vostra è sempre costantemente sopra i 22-23 gradi, potreste comunque dover tenere alta l’attenzione anche in questa stagione. La buona notizia è che, rispetto alle altre cause di caduta foglie, quando il problema è di natura parassitaria, la cosa è visibile a occhio più o meno nudo (per ragnetto e acari, leggete questo articolo di approfondimento). In questi casi intervenite con un prodotto specifico.

Over-fertilizzazione

Ed ecco l’ultima causa diretta di caduta foglie per un’Alocasia, quella da over-fertilizzazione. Dare troppo concime alle vostre Alocasia (ma il discorso vale per tutte le piante in generale) può danneggiarne le radici, rendendole di fatti inutilizzabili per la pianta. Va da sé che, se la vostra Alocasia avrà radici incapaci di assorbire il nutrimento, le foglie cominceranno ad ingiallire e a cadere, una dopo l’altra, a partire dalla più vecchia. Nei casi peggiori, il metodo più semplice per farle riformare è quello di estrarre l’Alocasia dal substrato di coltivazione e metterla in acqua a fare nuove radici. Per fortuna però, ci sono sempre le istruzioni sulle modalità di impiego, su qualsiasi concime voi acquistiate. Attenetevi a quelle e difficilmente si verificherà un problema del genere.

Considerazioni Finali

Insomma, prendendosi cura di un’Alocasia non ci si annoia mai. All’inizio può sembrare la tipica pianta da “montagne russe”: grandi soddisfazioni quando si vede nascere e crescere una nuova foglia, altrettanto grandi delusioni quando la si vede perderne qualcuna. Come avrete capito, però, il segreto è, come sempre accade per le piante da interno, cercare di pensare sempre al contesto di origine della pianta; dovete sempre cercare di replicare, per quanto possibile, le condizioni originarie. Vedrete che, una volta trovato il giusto equilibrio, e con l’esperienza guadagnata a suon di errori e foglie perse, mantenere belle rigogliose le vostre Alocasia sarà un gioco da ragazzi!


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Stella di Natale: finite le feste non gettarla via!

Stella di Natale: finite le Feste, non gettarla via!

Di Massimo Tortorici | Pubblicato in Caffè Tropicale il 16 – Aggiornato il 9 Gen

Vi sembrerà strano, ma anche la Stella di Natale è un “addobbo” che si può conservare e tirar fuori anno dopo anno all’arrivo delle Feste.

Sono finite le feste di Natale, l’anno nuovo è cominciato da un po’ e nell’aria c’è un grande desiderio comune di fissare nuovi obiettivi, rimettersi in carreggiata. Smontate l’albero (a meno che non apparteniate a quella categoria che aspetta l’arrivo dell’afa estiva, per capire che forse è il caso di farlo!), smantellate il presepe, rimuovete le luci natalizie sul balcone, la ghirlanda sulla porta. Tutto dentro gli scatoloni, pronto per essere riutilizzato al prossimo Natale. Poi l’occhio vi cade su un angolo un po’ nascosto di casa, sull’ultimo addobbo natalizio, o meglio “EX” addobbo: la vostra “era bella rigogliosa”, “era bella rossa”, “era una pianta presentabile” Stella di Natale. Vi avvicinate, la guardate e vi dite “perché ogni anno la compro, se poi deve perdere tutte le foglie tra Natale e Capodanno?” Rabbiose/i la afferrate e senza pensarci un secondo di più la infilate nel sacchetto dell’immondiziaaaALT! Questo articolo è per voi! È un appello a fermarvi, in questi giorni, se non avete già commesso il delitto più comune del post-feste natalizie. Vi sembrerà strano, ma anche la Stella di Natale è un “addobbo” che si può conservare e tirar fuori anno dopo anno all’arrivo delle Feste. Voi direte “ho capito, stai parlando di una pianta finta”. Eh no! Parlo proprio di lei, Euphorbia Pulcherrima, Poinsettia, o più comunemente nota come Stella di Natale. È una pianta, e come ogni pianta si rigenera, anche quando sembra morta stecchita. Basta darle le giuste attenzioni e non farla morire veramente. In questo articolo capiremo insieme, stagione dopo stagione, cosa farne dopo le feste e come riuscire ad ottenere una Stella di Natale gratis l’anno successivo.

Perchè la Stella di Natale perde le foglie

Facciamo una premessa: il 50% (o forse più) delle Stelle di Natale perde le foglie le settimane subito successive all’acquisto. Motivo per cui molti di voi, che l’hanno presa per pianta usa-e-getta, e che quindi la comprano ogni anno, ormai sanno che se vogliono farla arrivare rigogliosa almeno fino a Capodanno, devono comprarla a ridosso di Natale! Già, ma perché le foglie della Stella di Natale cadono? C’è un motivo principale: l’umidità del substrato in cui si trova. Se innaffiate troppo spesso, mantenendo il substrato costantemente troppo umido, le radici cominceranno a marcire e le foglie cadranno come mosche. Se bagnate dall’alto, dovete farlo a terreno semi-asciutto. Se volete però essere più caute/i meglio bagnare per sub-irrigazione, con il sottovaso; 30 minuti al massimo una volta alla settimana circa e vedrete che sarà molto meno probabile annegare la vostra Stella di Natale. Il secondo motivo per cui la vostra Poinsettia perde le foglie è la scarsità di luce. Ricordatevi che si tratta pur sempre di una pianta tropicale, abituata a luce sì indiretta ma intensa; i nostri inverni non sono proprio il massimo in termini di ore ed intensità di luce. Posizionate quindi la vostra Stella dove può prendere luce a sufficienza. Per chiudere il discorso “cure di una stella ancora piena di foglie”, ricordatevi di evitare gli sbalzi termici, non fanno altro che indebolire la pianta ed accelerare la perdita delle foglie.

Inverno

Anche se siete brave/i a mantenere l’equilibrio della vostra Stella di Natale, un po’ di foglie le perderà comunque, cominciando sempre da quelle più basse. Le ultime a cadere sono le foglie apicali e spesso rimangono in piedi solo le famose brattee rosse. Per questo motivo, sia che siate state/i brave/i a mantenere un discreto numero di foglie, sia che, come spesso accade, siate rimaste/i con una Stella di Natale dai rami spogli e solo i fiori in cima, il consiglio che vi do è semplice: potate. Attenzione, non ho detto “buttate”, ho detto “POTATE”. Tagliate i rami, non troppo in basso, perché i germogli dovranno pure uscire da qualche parte sui rami. Eh già i germogli, nuove foglie, e quindi nuova vita inaspettata per la vostra Stella di Natale, che avevate dato per morta. Se siete fra quelle/i che l’hanno messa in un angolo, facendola spogliare totalmente, potatela lo stesso. Finchè c’è verde, c’è speranza: se i rami sono verdi, la pianta è viva e vedrete del lattice bianco uscire dalla “ferita”; se sono secchi, beh, forse è davvero troppo tardi. Fatta la potatura della vostra Stella di Natale, non vi resta che scegliere dove tenerla in casa: meglio una zona ben illuminata, ma senza luce solare diretta. Innaffiatela solo quando il terreno è praticamente asciutto (meglio sempre per sub-irrigazione) e controllate ogni tanto che non ci siano parassiti strani.

Primavera

Qui arriva il bello! Se avete dato alla vostra Stella di Natale una seconda possibilità, vi ripagherà con dei bei germogli, inizialmente piccoli, poi sempre più prepotenti. La regola dello sbalzo termico vale sempre, però, motivo per cui dovrete essere brave/i a tenerla in casa fino a che la temperatura esterna non sarà accettabile e molto simile a quella che avete in casa. Vale a dire: spostarla in balcone sì, ma verso fine aprile/inizio maggio. E mai in posizione particolarmente assolata, ma meglio se in mezz’ombra. Per il resto, acqua, un po’ di concime liquido per piante verdi, e vedrete che con il graduale aumentare delle temperature la vostra Stella di Natale esploderà di foglie, come nessun’altra pianta finora da voi posseduta.

Estate

Siete al giro di boa. Avete salvato la vostra Stella di Natale dal secchio dell’immondizia, l’avete fatta rinascere, ora si è riempita di foglie. Dovete solo proseguire così, assicurandovi di mantenerle, queste foglie. Per riuscirci, dovrete garantirle il giusto apporto idrico (la Stella di Natale, col caldo estivo beve parecchio) e protezione da eventuali attacchi parassitari. I più comuni sono il ragnetto rosso e la cocciniglia. In ogni caso, se vi piacciono un po’ le piante, non dovrete far altro che curarla come fate con le altre vostre piante.

Autunno

Ci siamo, è arrivata la stagione nella quale raccogliere i frutti di tanti mesi di attenzioni, quella in cui finalmente (forse) potrete toccare con mano l’avvicinarsi del Natale. In giro potrete aver letto che, per far spuntare i “fiori rossi” dovrete metterla al buio, garantendole 14 ore di buio, quindi non più di 10 di luce naturale. Impegnativo, vero? Macchè! Se ci pensate bene, il gioco è fatto, le giornate a ottobre-novembre durano 11-10 ore in maniera del tutto naturale! Se avete messo la vostra Stella di Natale fuori in balcone, il momento in cui riportarla in casa dipende sempre dalla stessa famosa regola del no-sbalzo-termico. Valutate voi quindi. L’importante è cercare di minimizzare qualsiasi shock, non solo di temperatura, ma anche idrico e di luce. Riportandola in casa, scegliete un angolo bello luminoso, in una stanza con persiane o serrande sempre aperte, dove la vostra Stella di Natale possa continuare a crescere. Se per caso le bloccate la crescita, beh, addio famosi fiori rossi.

L’impatto della luce artificiale

Si è già detto di come la quantità di luce naturale incida sulla capacità della vostra Poinsettia di dar vita alle tipiche brattee rosse. Anche la luce artificiale ha un impatto, seppur minore, la sua presenza disturba la Stella di Natale. Non le impedisce di produrre le brattee rosse, ma di certo ne riduce l’intensità in termini di rosso. Insomma, se volete arrivare a fine novembre con una Stella di Natale con brattee grandi e di un rosso acceso, datele elevata luminosità naturale e minima luminosità artificiale. So che in molte case è difficile trovare una stanza che abbia queste condizioni, ma se non riuscite a replicarle, cercate di avvicinarvici, senza inventarvi cose strane.

Natale

Il Natale si avvicina, andate in cantina o dovunque teniate gli addobbi natalizi e li tirate fuori, controllate che l’albero sia ancora nelle condizioni di essere messo dritto, scegliete di che colore addobbarlo, cercate di capire quali luci mettere sull’albero e quali all’esterno in balcone. Cominciate a fare beneficienza e a comprare regali, panettoni, generi alimentari di ogni tipo per le feste. Una cosa, questa volta, non dovrete preoccuparvi di acquistarla, perché ormai fa parte della famiglia da un po’ e si è agghindata da sola per far invidia a tutti i vostri amici e parenti che la vedranno: la vostra Stella di Natale chilometro zero!


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