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Primavera: le 5 attività per far ripartire le piante da interno

Primavera: le 5 attività per far ripartire le piante da interno

Scritto da Massimo Tortorici, 21 Mar 2025. Pubblicato in Caffè Tropicale.

Dopo il riposo invernale, le piante da interno hanno bisogno di qualche attenzione in più per riprendere a crescere al meglio. Un breve resoconto delle attività essenziali per aiutarle a risvegliarsi.

Finalmente è arrivata la primavera! Dopo i lunghi e bui mesi invernali, le nostre piante da interno si risvegliano, complice l’inesorabile e costante incremento delle ore di luce, e riprendono a crescere con più vigore. In alcuni casi il risveglio può essere un po’ lento, però, e spesso c’è bisogno di un aiuto in più. Una ripartenza lenta può essere dovuta a debolezza causata da scarsa luminosità, problemi accusati durante l’inverno, vaso stretto, o tutte queste problematiche. Quali sono quindi le azioni più importanti per garantire alle nostre amiche verdi una ripartenza perfetta? Ecco 5 attività essenziali per aiutare le piante a riprendersi e a prosperare durante la primavera ed arrivare più pronte ai caldi mesi estivi.

Valutare la necessità di un rinvaso

Con la ripresa della crescita, molte piante potrebbero aver bisogno di più spazio. Se non nell’immediato, in prospettiva, nei successivi mesi. È bene quindi valutare lo spazio all’interno del vaso, verificando se ci sono radici che spuntano dai fori di drenaggio sul fondo del vaso e in che misura ciò accade. In aggiunta, può comunque essere utile estrarre delicatamente la pianta per una valutazione più completa della situazione. Il tipo di pianta è un ulteriore elemento da considerare, in caso di situazione dubbia, una pianta che ama avere le radici (sottili) sempre umide come una Calathea o peggio ancora piante con apparati radicali ingombranti da mantenere sempre un po’ umidi, come la Monstera, saranno da rinvasare; nel caso di cactus e succulente, piante cioè che possono stare più strette perché gradiscono più l’asciutto che il bagnato, forse potrete rinviare il rinvaso all’anno successivo. Nel caso si debba intervenire, scegliete un vaso leggermente più grande e utilizzate un substrato adatto al tipo di pianta da rinvasare. Una volta che dovete fare il lavoro, fatelo bene, raccoglierete i risultati nei mesi successivi, ancor di più in inverno, stagione in cui avere le proprie piante coltivate nel giusto substrato può davvero fare la differenza in termini di sopravvivenza.

Utilizzare un biostimolante

Dopo il riposo invernale, le piante entrano in una fase di “rullaggio” una sorta di “warm-up” in cu scaldano i motori, per dirla con il gergo della Formula 1. Volete mettergli il turbo? Un biostimolante naturale è quello che vi serve. Questi prodotti, a base di alghe, acidi umici o aminoacidi, aiutano le piante a riprendersi meglio dallo stress invernale, fornendo alle piante energia già pronta da utilizzare nei loro processi interni. In più, alcuni prodotti, come Algatron di CIFO, favoriscono la germinazione e lo sviluppo radicale, aspetto quest’ultimo, che li rende molto interessanti da utilizzare anche subito dopo un rinvaso. Non sottovalutali.

Comprare (o rispolverare) un concime liquido adatto

Con l’arrivo della primavera, le esigenze nutrizionali delle piante aumentano e, di conseguenza, può essere molto importante sostenerle con l’apporto che solo un concime può dare. Quale concime scegliere? Beh, anche qui, una volta che vi decidete ad investire qualche euro, fatelo bene. In commercio ci sono tanti concimi, liquidi e granulari, universali e per ogni tipo di pianta. Per quanto riguarda la scelta tra liquido e granulare, la scelta è semplice, almeno per le piante da interno: il concime liquido è più facilmente gestibile nelle bagnature. Per ciò che riguarda il tipo, se si tratta di piante da interno, che volete vedere prosperare con numerose foglie il più sane e grandi possibile, la scelta deve andare per forza su un concime liquido per piante verdi. Ricordate che l’azoto (N) è il macro-elemento più importante. Comprare un concime liquido ufficialmente per piante verdi, che però è povero di azoto può rappresentare un’occasione sprecata. Meglio scegliere un concime liquido ad alto tenore di azoto, come quello di CIFO, composto al 14% di azoto (N). Se avete anche una discreta quantità di piante grasse e succulente, non fate l’errore di risparmiare. Troppo azoto potrebbe essere deleterio per la loro crescita; meglio optare per un concime per piante grasse a basso tenore di azoto e alto tenore di Potassio (K).

Valutare eventuali potature

Se alcune delle vostre piante da interno hanno patito particolarmente eccessive bagnature e luce debole, perdendo foglie e indebolendosi vistosamente, la primavera è il periodo ideale per intervenire. Perché? Sempre loro, le ore di luce naturale. Più luce vuol dire più energia e quindi più capacità per qualsiasi pianta di rigenerarsi. Una potatura leggera aiuta la pianta a concentrare le energie su nuove foglie (e fiori). Facendo un esempio: se avete piante con portamento arboreo, come ad esempio Ficus Benjamin, che hanno foglie nella parte alta, ma risultano piuttosto spoglie nella parte bassa e centrale, potando i rami in altezza, andrete a stimolare la linfa a creare nuove vie di uscita, vale a dire nuove gemme sulla parte più bassa e spoglia della pianta. Usate sempre forbici ben affilate e disinfettate per evitare infezioni. Per le piante rampicanti o ricadenti, potete anche tagliare alcune parti per favorire una crescita più rigogliosa e armoniosa.

Aumentare il monitoraggio anti-parassiti

Con l’aumento delle temperature e delle ore di luce, anche gli insetti tornano in attività, parassiti inclusi. Afidi, cocciniglie, ragnetti rossi, tripidi possono comparire sulle piante da interno e indebolirle. È bene quindi fare prevenzione il più possibile, controllando regolarmente la pagina inferiore delle foglie, nebulizzando spesso, magari con prodotti che permettono anche un rafforzamento del sistema immunitario come un prodotto a base di propoli. La prevenzione è la chiave per mantenere le piante sane e forti. In caso non bastasse, ai primi segnali di infestazione, bisognerà intervenire il prima possibile con rimedi naturali l’Olio di Neem o l’estratto di Ortica, a seconda del problema riscontrato.

Considerazioni finali

Svolgere queste semplici ma fondamentali attività vi permetterà di aiutare le vostre piante da interno a ripartire con la giusta energia dopo l’inverno. Con qualche attenzione in più, godrete di una casa piena di verde rigoglioso per tutta la bella stagione. Siete pronte/i a rimettervi all’opera? La primavera è il momento perfetto per farlo!


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Sub-irrigazione: un ottimo metodo per bagnare le piante da interno

Sub-irrigazione: un ottimo metodo per bagnare le piante da interno

Scritto da Massimo Tortorici, 21 Gen 2025. Pubblicato in Caffè Tropicale.

Alla scoperta di un metodo di bagnatura semplice quanto efficace nella cura delle piante da interno.

Quante volte abbiamo visto pollici verdi nei film, nelle illustrazioni, nei cartoni animati, innaffiare le piante col classico annaffiatoio? La posa plastica, in piedi davanti alla “fortunata”, la mano sul fianco…perfino il buon Nanni Moretti nel film “Bianca” lo fa, anche se a dire il vero in quella circostanza non andava benissimo (andate a vedervi la scena, un vero cult)! Bene, quello è il metodo classico, che funziona praticamente sempre per le piante da esterno, quelle che teniamo in balcone, patio, giardino. Ma per le piante da interno va doverosamente tenuta in considerazione un’alternativa molto interessante, oggetto di questo articolo: la sub-irrigazione.

Capillarità vs. gravità

Sub-che? Direte voi. Facciamola facile: come bagnate le orchidee? Ecco, la sub-irrigazione non è che quel metodo lì, e cioè bagnare il terreno dal basso, attraverso i fori di drenaggio sul fondo del vaso, invece che dall’alto. Il principio è semplice: in sostanza, con la sub-irrigazione, l’acqua bagna il substrato per capillarità, e cioè viene inizialmente assorbita dalla parte più bassa del substrato, per poi bagnare gradualmente le parti via via superiori. Rispetto al metodo classico (dall’alto) la differenza è sostanziale: in questo caso infatti la gravità e la porosità del substrato fanno sì che l’acqua in eccesso venga scaricata dai fori di drenaggio. Possiamo quindi dire che, bagnando dall’alto, il terriccio all’interno del nostro vaso si bagna tutto ma in maniera non uniforme. Con la sub-irrigazione invece l’acqua penetra lentamente in tutti gli spazi del substrato. Si può regolare facilmente la quantità di acqua somministrata usando un sottovaso adeguato alla dimensione del vaso; riempiamo il sottovaso di acqua e, in base a quanto lo lasceremo, il substrato assorbirà. Quindi, se si vuole bagnare circa la metà più bassa del terriccio, per un vaso piccolo dovreste tenere la pianta “in infusione” 10-15 minuti, se il vaso è medio-grande, quindi con più terriccio da bagnare dovrete tenerla mezz’oretta. A fine tempo potete gettare via l’acqua rimasta.

Variabili che possono incidere sul metodo

Ci sono delle variabili di cui tenere conto, se si vuole applicare il metodo con successo:

  • Il contenitore usato per bagnare: abbiamo parlato del sottovaso, ma se “immergete” il vaso in un catino l’acqua, questa entrerà molto più velocemente all’interno. Se con il sottovaso (acqua all’esterno del vaso alta 2-3 cm) ci mettete 30 minuti a bagnare la metà più bassa del terriccio, con un livello dell’acqua esterno al vaso molto più alto potreste impiegare uno o due minuti a bagnare la metà più bassa del terriccio.
  • Fondo del substrato: vale a dire argilla espansa. Spesso vi dicono di metterla sul fondo del vaso e in alcuni casi può anche starci. Tenete però conto che l’argilla espansa l’avete messa sul fondo per drenare e quindi non assorbire troppo l’acqua in eccesso. Quindi, se vorrete sub-irrigare con successo, dovrete stimare l’altezza del fondo di argilla espansa e far in modo che l’acqua fuori dal vaso salga oltre di 2-3 cm. L’argilla espansa alza il fondo del vaso, e quindi voi dovrete partire da più in alto, altrimenti il metodo non funziona.
  • Piante assetate: se provate a bagnare per sub-irrigazione una pianta assetata, che però ha le radici ancora sane e non secche, state sicure/i che non appena l’acqua le toccherà, le radici tireranno su con estrema rapidità. In questi casi è raccomandabile fare un secondo giro d’acqua, riempendo nuovamente il sottovaso. Questa situazione può facilmente presentarsi in primavera-estate, un po’ meno in autunno-inverno, periodo in cui le piante sono molto più “ferme” a livello metabolico.

Perchè è molto utile sub-irrigare in inverno

L’inverno appunto. In inverno usare la sub-irrigazione come metodo di bagnatura può rivelarsi una scelta molto azzeccata. Come accennato nel paragrafo precedente, e come già approfondito in altri articoli sull’argomento, in inverno le piante consumano molto meno. Facendo meno fotosintesi, le radici asciugano il terriccio molto più lentamente di quanto non avvenga in estate (in cui tra l’altro aumenta la traspirazione fogliare causa caldo); il substrato in pratica rimane molto più umido e molto più a lungo. Capite bene che per molte piante da interno una condizione simile può far marcire qualche radice, sfociando anche in un più grave marciume radicale. La soluzione è semplice: sub-irrigate! Se lo fate correttamente terrete la vostra pianta molto più asciutta. Potrete anche “sbagliare”, anticipando di qualche giorno la bagnatura; in ogni caso la pianta sarà più asciutta del caso in cui la bagnaste dall’alto. Attenzione ad applicare il metodo nel modo giusto: sottovaso, penetrazione dell’acqua graduale e stop dopo un tempo concordato. Se vi dimenticate l’acqua lì, si potrebbe anche bagnare tutto il terriccio e a quel punto avrete fatto peggio. Ricordate, con la sub-irrigazione l’acqua penetra ovunque. Svuotate il sottovaso, ad un certo punto.

Piante da sub-irrigare tutto l’anno

Non solo in inverno. In casi specifici, la sub-irrigazione può essere una vera manna, se non una necessità, in tutte le stagioni dell’anno. Quali casi? Tutti quelli in cui la pianta in questione ha struttura e caratteristiche botaniche che la rendono meno affine al metodo classico di bagnatura dall’alto.
Facciamo un paio di esempi: Begonia Ferox, Masoniana, e in generale tutte le Begonie a portamento cespuglioso. La cosa da evitare a tutti i costi è il ristagno idrico tra le foglie. Una Begonia tenuta all’interno, senza vento, potrebbe rimanere troppo umida nella parte aerea più fitta, vicino al terriccio, e questo potrebbe provocare marciume del colletto. Meglio sub-irrigare, superficie terrena e fusti rimarranno asciutti. Un altro esempio è il Senecio Rowleyanus: pianta succulenta che, oltre a voler stare più asciutta dentro il vaso, vuole stare asciutta fuori dal vaso. Soprattutto quando è fitta, il rischio che i fusti alla base rimangano molto umidi, se non addirittura bagnati, è molto alto, sempre se parliamo di un Senecio tenuto indoor. Con la sub-irrigazione non ci saranno rischi. Stesso discorso lo possiamo fare per altre piante con caratteristiche simili ai nostri due esempi, e cioè Ceropegia Woodii, Rhipsalis, Felci, etc.

Sub-irrigazione per altri scopi

Piccolo “paragrafo bonus” per suggerire un altra situazione in cui può convenire sub-irrigare: l’adattamento di una talea radicata da acqua a substrato. Sappiamo che questo passaggio è molto delicato, bisogna trovare il giusto equilibrio di umidità in grado di non far marcire nè seccare tutte le radici in dotazione alla vostra talea. Bene, sub-irrigando potreste trovare questo equilibrio. Come sempre c’è solo un modo per saperlo: provare. 


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Breve guida per far crescere al meglio le piante da interno in estate

Breve guida per far crescere al meglio le piante da interno in estate

Scritto da Massimo Tortorici, 30 Mag 2024. Pubblicato in Caffè Tropicale.

Alcuni utili concetti per affrontare al meglio la stagione estiva e chiuderla con piante ancora più rigogliose e in salute

L’estate e alle porte o è già in atto (dipende da quando leggete questo articolo). Le nostre piante da interno si sono già risvegliate da qualche settimana, le tante ore di luce stanno alimentando a dovere la loro crescita. Che voi abbiate solo Pothos e Ficus o che siate collezioniste/i di Calathee, Alocasie o Begonie (auguri), una domanda pian piano si fa strada: resisteranno all’estate? Già, perché sebbene la stagione estiva sia piena di luce, nasconde diverse insidie e spesso la crescita delle piante che teniamo dentro non soddisfa le aspettative. Ci sono dei trucchi per riuscire a sfruttare al massimo il potenziale estivo? Certo che sì! Leggete questo articolo, fino alla fine, per saperne di più.

Dentro o fuori?

Arrivata la bella stagione, la prima domanda che dovreste porvi (se avete una zona all’aperto, tipo balcone, terrazzo, patio, etc.) è “Porto le mie piante fuori?”. La risposta è “dipende”. L’harden off, ossia il portare fuori le proprie piante per far sì che beneficino di tanta luce extra si basa su un concetto molto semplice: più luce=crescita migliore e più veloce. Assorbendo luce praticamente doppia rispetto a quanto avviene all’interno, le piante infatti fanno molta più fotosintesi, e producono quindi molta più energia utile a sviluppare fusti, foglie e, dove possibile, fiori. “E allora perché la risposta è “dipende”?” direte voi. Perchè prima di metter fuori le vostre piante dovete considerare alcuni aspetti. Approfondiamoli brevemente.

Avete un posto sufficientemente ombreggiato all’esterno?

Il sole diretto primavera-estivo può rovinare le foglie, in alcuni casi fiaccare pesantemente piante che sono abituate ad avere luce schermata. Per essere sicure/i di non traumatizzare fatalmente le vostre piante, è quindi molto importante posizionarle in posti dove arriva la prima luce del mattino o quella del tardo pomeriggio, o al massimo dove ci sia una bella tenda da sole a schermare i raggi solari nelle ore più calde. Informazione collaterale importante: le piante “da interno” vanno portate fuori quando le condizioni esterne sono ormai stabili e le temperature più o meno simili a quelle interne. Non fate che portate fuori le vostre piante ai primi caldi di marzo e poi le cestinate dopo un’ondata di freddo anomalo a fine aprile.

Sarete in grado di tenere costantemente idratate le vostre piante?

Ma certo, il caldo, voi direte. È ovvio fuori fanno 30 gradi bisognerà bagnare molto più spesso. Beh, la realtà è che il terriccio delle vostre piante si asciuga molto più rapidamente sì, ma perché la pianta assorbe molta più luce. Consuma di più, in altre parole (fa più fotosintesi). Poi certo, il caldo accelera l’evaporazione, motivo per cui è consigliabile innaffiare durante le ore più fresche della giornata. E il caldo fiacca anche alcune piante tipicamente più sensibili agli eccessi termici, come le “famigerate” Calathee. Dovrete quindi stare molto più sul pezzo, una pianta che in estate, all’interno, bagnate una volta a settimana, potrebbe aver bisogno di acqua ogni 2-3 giorni. Vietato dimenticarsi. O in alternativa, c’è una soluzione di cui parleremo a breve. Non mollate, continuate a leggere.

Siete disposte/i a vedere dei vuoti in casa?

Sembra il problema meno rilevante, ma in realtà, se le piante hanno un senso come complemento di arredo, anche questo è un tema rilevante. Se poi di piante ne avete solitamente tante e raggruppate in pochi punti della casa, beh allora diventa la vera questione. Un consiglio molto semplice? Magari potreste pensare di portare fuori solo piante che hanno sofferto più di altre in inverno, piante che hanno bisogno di recuperare foglie ed energie più rapidamente. E la luce, credetemi, è la migliore delle medicine.

Concimi, biostimolanti, o solo acqua?

Esauriti (si spera) i dubbi sul portare o non portare fuori le proprie piante da interno, passiamo al secondo macro-aspetto: il nutrimento. Domanda facile: a voi piacerebbe mangiare sempre pasta al pomodoro a pranzo e insalata/frutta per cena? Bene, se date solo acqua alle vostre piante, le farete sopravvivere sì, ma sempre con carenze più o meno gravi in termini di nutrimento. Una pianta ha bisogno di tanti diversi minerali, per poter svolgere al meglio i processi dai quali ottiene energia. L’acqua, che sia del rubinetto, micro-filtrata o minerale, ha una quantità base di elementi, ma ha bisogno di essere arricchita con tanto altro. Per questo c’è bisogno di usare un concime. In questo articolo c’è una panoramica completa sui concimi, con focus su quelli liquidi. In alternativa potreste provare a raccogliere acqua piovana, naturalmente azotata e quindi molto indicata per favorire la crescita di nuove foglie, ma forse in estate può risultare un po’ difficile. E i biostimolanti? Non trattateli come semplici integratori! Anzi, Algatron di Cifo può risultare molto utile, se somministrato prima dell’arrivo del grande caldo, o comunque prima di andare in vacanza. Leggete qui per ulteriori approfondimenti.

Conetti auto-irriganti: modalità turbo inserita

Ed eccola, quella che le donne e gli uomini di marketing chiamerebbero “killer application”, l’elemento che spariglia le carte. Un oggetto apparentemente innocuo, spesso utilizzato solo quando si va in vacanza. In realtà, i conetti auto-irriganti, comunemente chiamati “conetti” vanno considerati come dei veri e propri strumenti di irrigazione, alternativi alla combo mano-annaffiatoio. In molti casi funzionano molto meglio di quest’ultima. Il principio è semplice, inserite il conetto nel terreno, lo riempite di acqua, srotolate il tubicino e lo immergete in un contenitore pieno d’acqua; il conetto verrà costantemente alimentato di acqua, e altrettanto costantemente erogherà umidità attraverso le sue pareti in argilla. Risultato? La pianta sarà sempre idratata, patirà meno il caldo e soprattutto percepirà meno il rischio di rimanere all’asciutto. Spesso, in estate, le piante paradossalmente arrestano la propria crescita perché, nonostante la molta luce a disposizione, le temperature sono troppo elevate e ogni tanto sentono il terriccio troppo asciutto. Vanno in stand-by quindi. Con i conetti auto-irriganti Blumat questi problemi svaniscono: non solo la pianta percepirà meno pericoli, ma crescerà molto più rigogliosamente, soprattutto se parliamo di Alocasie, Anthurium, Begonie, Calathee, e tutto il mondo delle Aracee in generale. I conetti vanno in automatico, sempre e comunque, l’unica cosa che potete regolare è la quantità d’acqua erogata, la velocità, posizionando il contenitore d’acqua più in basso (più lento) o più in alto (più lento) rispetto al punto in cui il conetto si innesta nel terreno. Ne consegue che in estate potreste probabilmente usare i conetti per l’intera stagione! Ma da fine settembre in poi, quando la luce comincia a ridursi drasticamente e le piante cominciano a rallentare, bisognerà monitorare la situazione: se il terriccio comincia ad essere troppo zuppo, vuol dire che è arrivato il momento di rimuovere il conetto e conservarlo per la prossima estate.

Stroncare i parassiti sul nascere

L’estate, come abbiamo detto, è la stagione della luce e del caldo; purtroppo però è anche quella dei parassiti. Che si tratti di cocciniglia, ragnetto rosso o tripidi, tutti hanno in comune un paio di aspetti: si riproducono molto velocemente e sono in grado di vanificare tutti gli sforzi nostri e delle nostre piante nella ricerca della crescita e della rigogliosità. Le regole ferree da seguire sono due, semplici, ma spesso sottovalutate:

  • Osservate le vostre piante più volte alla settimana. Verificate se le foglie hanno il colore giusto, insospettitevi a dovere se compare qualche macchia, se qualche foglia cade o se le nuove foglie non si aprono correttamente. A volte bisogna osservare le piante da molto vicino, il ragnetto rosso non è propriamente così facile da vedere ad occhio nudo.
  • Intervenite tempestivamente; con un prodotto specifico, aggiungerei. Quando c’è un’infestazione in corso, bisogna affrontarla di petto. La velocità di riproduzione dei parassiti è inesorabilmente sostenuta e qualunque rimedio fatto in casa, per quanto teoricamente corretto, potrebbe non funzionare. Ormai sul mercato ci sono soprattutto prodotti biologici, non fatevi scrupoli ad acquistarli e ad utilizzarli con frequenza e dosaggi consigliati.

Seguite attentamente queste due regole e non dovrete passare l’inverno a rimpiangere quella pianta tanto rigogliosa che ad un certo punto ha cominciato a perdere tutte le foglie fino a morire.

Conclusioni

Insomma, l’estate può sembrare una stagione agevole per la cura delle piante da interno, ma non lo è affatto, per molti versi. O comunque, spesso ci creiamo delle aspettative che vengono disattese. Solo affrontandola con la dovuta attenzione e con i giusti prodotti, a fine settembre potrete dire: “Però, quanto sono cresciute!”


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Vacanze estive e piante da interno: la guida per farle sopravvivere

Vacanze estive e piante da interno: la guida per farle sopravvivere

Scritto da Massimo Tortorici, 24 Lug 2023. Pubblicato in Caffè Tropicale.

Mancano pochi giorni al mese di agosto, il mese in cui da sempre, per tradizione più o meno imposta, molte italiane ed italiani vanno in vacanza. Di solito ci si concentra sulle valigie e su tutto quello che serve per godersi al meglio la destinazione scelta per le vacanze. Per alcune/i di noi però c’è una preoccupazione in più: come mi organizzo con le piante? Eh già, quello della gestione delle piante di casa nostra, durante lunghi periodi di assenza in stagioni calde come quella estiva, può essere un problema angosciante. Dopo mesi di duro impegno per far rendere al meglio le nostre amiche verdi ecco che arriva il momento della verità, quei 10-15-20 giorni in cui loro dovranno cavarsela senza di noi. In questo articolo, cercheremo di condividere qualche suggerimento utile affinchè le vostre piante da interno possano superare al meglio la vostra “assenza per ferie (estive)”.

Regola numero 1: garantire una certa quantità di luce

In molti quando partono hanno l’abitudine di abbassare le serrande o di chiudere le persiane. La sicurezza delle nostre case prima di tutto, già, ma mettiamo in sicurezza anche le nostre piante! Se proprio dovete chiudere tutto, cercate di lasciare una o più stanze con serrande o persiane belle aperte, posizionando lì tutte le piante che avete in giro per casa. La luce è fondamentale per la salute delle piante; passi uno o due giorni senza, ma oltre si rischia che marciscano rapidamente. Il motivo è semplice: che voi le innaffiate prima di partire, o che mettiate in piedi uno dei metodi descritti più avanti, la pianta rimarrà di colpo senza luce per fare la fotosintesi; le radici non lavoreranno, il terreno rimarrà bagnato e la pianta saluterà questo mondo. Quindi, più luce possibile per favore.

Regola numero 2: mitigare la temperatura ambientale

Strettamente collegato al tema “luce” spesso c’è quello delle temperature. Se l’ambiente in cui abbiamo la maggior parte delle nostre piante, ad esempio, è esposto al sole per tutto il pomeriggio, o se per caso ci troviamo all’ultimo piano di una palazzina e il nostro appartamento tende quindi a riscaldarsi un po’ di più, bisogna prendere delle contromisure. Per prima cosa bisogna far entrare l’aria in casa da uno o più punti. Dove possibile quindi, lasciate finestre e serrande o persiane aperte, sempre mantenendo il livello di sicurezza che preferite, sia chiaro. L’ambiente beneficerà di eventuali giornate ventose e comunque della maggior freschezza notturna.

Un’altra buona idea poi può essere quella di incrementare l’umidità nell’ambiente. Ci sono due modi, principalmente, per farlo:

1) distribuire in giro per l’ambiente più sottovasi pieni di argilla espansa bagnata, un ottimo metodo fai-da-te per aumentare l’umidità ambientale, come spiegato in questo articolo

2) usare un umidificatore automatico, e cioè un apparecchio capace di umidificare l’intero ambiente, che sia soprattutto governabile da remoto, tramite smartphone

Sembra una sottigliezza, ma quei 2 gradi in meno e quel briciolo di aria che entra costantemente in casa, potrebbero risultare fondamentali per la sopravvivenza delle vostre piante.

Regola numero 3: fare un pre-trattamento anti ragnetto rosso

Quando si tratta di caldo e aria secca, il pericolo numero 1 in fatto di parassiti è lui, il ragnetto rosso. Come spiegato meglio in questo articolo, l’infestazione del ragnetto rosso è molto subdola e pericolosa: all’inizio non ce ne accorgiamo, ma poi, quando questo accade, la pianta è già compromessa e bisogna intervenire pesantemente. Meglio fare il più possibile prevenzione quindi. Anche se nebulizzate spesso dell’acqua sul fogliame delle vostre piante, metodo tanto buono quanto semplice per tenere lontano il ragnetto rosso, potete comunque passare al livello successivo, vale a dire utilizzare un anti-parassitario biologico, come l’estratto di ortica. Facendo un trattamento pre-partenza sul fogliame delle vostre piante, nel migliore dei casi avrete in qualche modo stroncato sul nascere un’eventuale infestazione di cui non vi siete ancora del tutto accorte/i; nel caso in cui non ci fosse alcuna infestazione in atto, trattandosi di un unico trattamento fatto con un prodotto biologico, non ci saranno particolari effetti collaterali.

Regola numero 4: non affidare le proprie piante a plant-sitter improvvisate/i

Siamo alla parte più importante in assoluto: le bagnature. Troppa poca acqua potrebbe provocare importanti stress idrici, seccume e, in alcuni casi, collassi irreversibili; al contrario troppe bagnature in un tempo relativamente ristretto, potrebbero rapidamente condurre a marciume. Per questo, se decidete di affidare le vostre piante ad un’amica o un amico, ad una vicina o a vostra madre, è importante che vi tariate sul loro grado di esperienza con le piante. Se le lasciate ad una persona esperta, magari anche più di voi, è bene darle poche indicazioni, per non urtare il suo orgoglio da comprovato pollice verde. Se lasciate le vostre piante ad una persona poco esperta, vale lo stesso la regola delle poche indicazioni, ma stavolta per non generare confusione o ansia. Meglio se riuscite ad arrivare al pre-partenza con tutte le piante appena bagnate e date istruzioni solo su quali piante bagnare e se farlo nell’unica visita che farà in vostra assenza o in una delle due, se sono previsti più sopralluoghi. Se avete studiato bene le esigenze delle vostre piante nel periodo estivo, potete anche provare a dosare le singole bagnature. Come? Semplicemente mettendo accanto ad ogni pianta da bagnare un barattolo, un bicchiere o una bottiglia con il quantitativo d’acqua necessario per la bagnatura. È un po’ da psicopatiche/i, ma la o il plantsitter poco esperta/o gradirà tantissimo.

E se non so a chi affidare le mie piante?

Beh, nel caso in cui non sappiate proprio a chi affidare le piante di casa vostra, non disperate, la soluzione c’è e ha un nome ben preciso: BLUMAT. Questa azienda austriaca ha brevettato un prodotto tanto semplice quanto efficace. Stiamo parlando di BLUMAT Classic, un semplice prodotto composto da un sottile tubo flessibile collegato ad un conetto di argilla. L’estremità del tubo va inserita in un recipiente pieno d’acqua, mentre il cono in argilla va inserito nel vaso della pianta. L’acqua verrà automaticamente aspirata e convogliata nel cono in argilla che la erogherà gradualmente all’interno del vaso. A seconda che posizioniate il recipiente di acqua più in alto o più in basso rispetto al vaso della pianta, il BLUMAT Classic erogherà acqua più o meno velocemente. È chiaro quindi che anche un sistema del genere va tarato in funzione delle piante sul quale viene impiegato: su una calathea cercherò di far erogare più acqua in una giornata, su un ficus elastica meno; su una monstera alta 1 metro e mezzo in vaso da 35 cm serviranno 2 BLUMAT, per un’Alocasia Amazonica in vaso da 20 ne basterà uno. Per quanto riguarda la capacità complessiva di acqua erogata durante tutto il periodo potete usare recipienti di “pescaggio” molto grandi, magari combinati con conetti più grandi, i BLUMAT Classic XL, capaci di erogare fino a 200 ml ogni 24 ore (la massima erogazione per la misura più piccola è di 150ml/24 ore).

Un’alternativa ancora più semplice agli ormai famosi conetti c’è e la propone sempre BLUMAT, vale a dire gli adattatori per bottiglie. Si tratta semplicemente dell’evoluzione ordinata e sicura del “metodo della bottiglia piena capovolta dentro il vaso”. Chi conosce e ha utilizzato questo metodo, sa bene che non sempre l’esito può essere dei migliori. Troppo poco “piantata a fondo” la bottiglia, troppo veloce sarà l’erogazione dell’acqua. Troppo ben piantata la bottiglia, più alto sarà il rischio che la terra possa creare un tappo naturale che ostruirà l’erogazione. Con gli adattatori di BLUMAT non ci sono rischi, a seconda che siano “normali” o XL sapete già quanta acqua verrà erogata. Il limite sta nel fatto che al massimo potrete montarvi sopra una bottiglia da 2 lt. Se avete bisogno di più capacità però ci sono sempre i famosi “conetti”.

Regola jolly: somministrare Algatron prima di partire

Avete mai sentito parlare dell’importanza degli integratori, multivitaminici o magnesio e potassio, nei periodi di caldo intenso? Bene, come noi, anche le piante possono beneficiare dell’aiuto degli integratori per superare al meglio i momenti di stress e/o per rinforzare la propria salute. Algatron di CIFO è il biostimolante che fa al caso nostro. Algatron, infatti, è un macerato di Alga Macrocystis, un’alga che contiene sostanze che aiutano ad aumentare la concentrazione di soluti all’interno delle cellule della pianta. Sintetizzando, utilizzando Algatron, la vostra pianta sarà più in grado di mantenere il giusto livello di idratazione al variare delle condizioni atmosferiche dei giorni successivi. Il che vuol dire che se lo utilizzate un paio di volte, durante le bagnature (si può somministrare anche insieme al concime) del periodo precedente alla vostra partenza, la pianta arriverà più forte e in grado di sopportare eventuale siccità, e in generale tutte le condizioni che potrebbero stressarla in vostra assenza. In questo articolo un quadro completo sui Biostimolanti.

Con questa chicca finale si chiude questo articolo. Se siete arrivate/i fino a qui, siete finalmente pronte/i più a passare delle belle vacanze, sentendovi più tranquille/i nel lasciare a casa, sole solette, le vostre amate piantine.


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Come scegliere il vaso giusto per rinvasare una pianta

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Scritto da Massimo Tortorici, 21 Feb 2023. Pubblicato in Caffè Tropicale.

Dimensioni, materiale, fori di drenaggio: tutti fattori da considerare nella scelta del vaso in cui rinvasare una pianta

È quasi primavera e, se state leggendo questo articolo, immagino non abbiate in cima alla vostra lista di cose da fare in casa, nè le pulizie straordinarie, nè il cambio di stagione. No. Piuttosto vorreste fare un giro al vostro vivaio o negozio di piante preferito e fare incetta di nuove piante! Una voce però, dentro di voi, simile a quella del grillo parlante, vi dice che, parlando di piante, dovreste pensare prima al dovere e poi al piacere. Il dovere, quando si parla di piante e si è, appunto, alle porte della bella stagione, è riassumibile in un unico termine: RINVASO. Che siate state/i per settimane in dubbio se rinvasare o no una o più piante, o che abbiate fatto finta di niente, cercando di ignorare quella pianta con il vaso di plastica chiaramente deformato dalle radici, il momento di verificare se fare o meno un rinvaso è arrivato. Già, ma il vaso ce l’avete? E quale vaso dovreste prendere? Quella del vaso in cui coltivare una pianta può apparire una scelta semplice e secondaria. In realtà è una scelta tanto importante quanto quella del substrato di coltivazione, anche perchè, in assenza di drammatiche emergenze, la vostra pianta starà lì dentro per almeno i successivi 12 mesi. Sulla scelta del substrato c’è già un interessante articolo da poter consultare; in quest’altro, quindi, snoccioleremo tutte le considerazioni che vanno fatte in modo da poter scegliere il giusto vaso per il giusto rinvaso.

Quando si rinvasa

Si è accennato alla primavera come momento per considerare il rinvaso. Questa è la stagione in cui si effettua questa operazione, in situazioni stabili e di calma per la vostra pianta. In situazioni di emergenza o necessità però,  non c’è tempo da perdere; leggete pure questo articolo per saperne di più.
In questa sede ci limiteremo a considerare la ragione “classica” alla base di un rinvaso, vale a dire la necessità di maggiore spazio per la pianta e le sue radici.  A differenza di quanto avviene in natura, infatti, le radici delle piante che teniamo in vaso, crescono in un ambiente ristretto. Ciò è piuttosto evidente se ad esempio, vediamo fuoriuscire le radici oltre i fori di drenaggio del vaso. Nei casi più gravi, se il vaso è in plastica, le radici possono arrivare a deformare il vaso (non auguro alle vostre piante di arrivare fino a questo punto). Non ravvisate nessuna di queste due situazioni, ma volete essere sicure/i la vostra pianta non abbia bisogno di un rinvaso? Bene, una volta l’anno provate ad estrarla dal vaso, a terreno semi-asciutto e date un’occhiata alle radici: se disegnano più cerchi tutto attorno al panetto di terra, allora la pianta va rinvasata.

Che succede se non intervenite? I possibili problemi sono due:

  • Marciume radicale: può originarsi nei casi in chi le radici che escono dai fori di drenaggio del vaso, stando anche spesso a contatto prolungato con ristagni d’acqua nel sottovaso.
  • Blocco della crescita: le radici non trovano più spazio per svilupparsi, la pianta gestisce i tessuti già esistenti, senza avere l’energia per lo sviluppo di nuovi.

Per fortuna, ci sono piante con radici più o meno veloci nella crescita, più o meno grandi, il che vuol dire che non dovrete stare a rinvasare tutto ogni primavera. Ci sono piante che si rinvasano anche ogni 3 anni. L’importante è farlo quando va fatto, e farlo scegliendo, appunto, il vaso giusto.

Le dimensioni del nuovo vaso

Il primo elemento da valutare, quando si effettua il rinvaso di una pianta per motivi di spazio, è la dimensione del nuovo vaso. La parola chiave da avere in mente è “gradualità”. Per tutte le piante, vale cioè la regola di scegliere, ad ogni rinvaso, un contenitore leggermente più grande del precedente. Roba di 2-3 cm di diametro in più. Questo vale anche per l’altezza. O meglio, l’importante è non prendere un vaso più basso del precedente. Se rinvasate perché le radici escono dai fori di drenaggio, beh, forse conviene prendere un modello di vaso che sia più alto, oltre che più largo. Insomma, ci siamo capiti: vaso più grande, ma di poco. Il motivo è semplice: se rinvasate la vostra pianta in un vaso più grande di quanto sia necessario, ci sarà più terriccio attorno alle sue radici, perché dovrete riempirlo, questo vaso. Il substrato si asciuga più facilmente in prossimità delle radici, che assorbono l’acqua e l’umidità. Dove non ci sono radici nelle vicinanze invece, resta umido, per giorni e giorni. Risultato: troppa umidità per la vostra pianta e marciume radicale e/o malattie fungine dietro l’angolo!

La forma del vaso

La forma è un elemento spesso più estetico che altro. A parità di volume, non ci sono grosse differenze in grado di incidere sulla qualità del rinvaso. La forma del vaso è però un elemento da valutare con molta attenzione nel caso di piante acquistate in vasi la cui forma magari non è la migliore possibile. Faccio un esempio: avete comprato un Pothos di piccole dimensioni, venduto in un vaso di forma cilindrica standard. Volete posizionarlo su una libreria, ma volete anche che il vaso non spicchi troppo in altezza, per rendere più gradevole il tutto. Ecco che, in questo caso, un vaso di forma “scodellare” va benissimo. L’importante, anche in questo caso, è che la forma più allargata rispetto al precedente vaso cilindrico non faccia sí che si crei troppo “substrato  vuoto”, non coperto da radici. È sempre questa la regola numero uno da tenere a mente. Se necessario quindi, portate un po’ più al limite l’estensione delle radici della vostra pianta, prima di procedere con il rinvaso.

Fori di drenaggio, sì o no?

Rispondo subito, perchè in questo caso non ci sono dubbi: fori di drenaggio SÌ! I fori di drenaggio sono fondamentali per la salute di qualsiasi pianta, da interno ed esterno, succulenta o no. La presenza di uno o più fori sul fondo del vaso garantisce maggior arieggiamento del substrato, maggior equilibrio nella temperatura all’interno dello stesso, ma soprattutto, ovviamente, drenaggio dell’acqua in eccesso. Certo, i fori di drenaggio non assicurano che il terreno abbia la giusta umidità; su questo dovete essere brave/i voi a scegliere o comporre il giusto substrato con i giusti elementi. Ma quando innaffiate troppo, l’acqua che il substrato di coltivazione non è in grado di trattenere scivolerà via. Volete usare un vaso senza fori di drenaggio? Auguri. Il ristagno idrico all’interno del vaso è causa di marciume radicale, e un vaso senza fori di drenaggio può portare più facilmente la vostra pianta in questa situazione. Dovrete stare sempre super attente/i a come, quando e quanto innaffiate e in inverno sarà molto difficile non commettere errori. Se volete a tutti i costi esporre la vostra pianta in un bellissimo vaso in ceramica, nessuno problema, usatelo come copri-vaso. Quando fate un rinvaso, scegliete cioè un vaso in ceramica in grado di contenere il nuovo vaso (con fori di drenaggio) in cui rinvaserete la vostra pianta. Non vi piacciono le matrioske? Benissimo, sbizzarritevi a decorare il vostro vaso in plastica o terracotta. Non ci sono regole, in questo caso.

Vaso in plastica vs. terracotta

Prima di mettere definitivamente da parte il vaso in ceramica, come valido contenitore da coltivazione, va fatta una precisazione: il problema non è il materiale, ma la presenza dei fori di drenaggio o no. In genere i vasi in ceramica non ne sono provvisti. In alcuni casi però, sono predisposti per averne uno. Che vi aiutiate con un cacciavite o con un trapano a punta sottile, potete crearlo voi, il foro di drenaggio. Ma fatevi un giro di tutorial su YouTube, se non volete ridurre in mille pezzi il vostro bel vaso di ceramica.
Fatto questo breve excursus, andiamo al nocciolo del paragrafo: la plastica non traspira per nulla, la terracotta traspira tantissimo. Dopo l’irrigazione, quindi, il vaso in terracotta “asciuga” l’acqua in eccesso non solo tramite i fori di drenaggio, ma anche tramite le pareti del vaso, che infatti diventano umide. Il substrato quindi si asciuga molto più velocemente di quanto non avvenga in un vaso di plastica, e questo è un vero e proprio toccasana per le piante grasse. Ovviamente, questa traspirazione porterà il vaso a “sporcarsi” nel tempo, a causa del calcare. La pulizia non può essere un problema. Per il resto, si sa, i vasi in terracotta sono più delicati, più pesanti, più costosi, etc. E se cascano da una superficie alta, tipo una libreria, possono fare bei danni. Caratteristiche molto simili a quelle dei vasi in terracotta le hanno i vasi in ceramica, anche se questi traspirano meno rispetto ai primi. Il mio schema preferito? Succulente nei vasi in terracotta (o ceramica con fori di drenaggio), tutto il resto in vasi di plastica.

Vaso trasparente o “colorato”

Ebbene sì, i più/le più fissati/e come me possono avere anche questo genere di dubbi, quando bisogna scegliere un vaso nuovo. Se volete un vaso “colorato”, la scelta generalmente sarà tra il color terracotta, il verde scuro o il grigio, fermo restando che potrete anche fregarvene se poi utilizzerete un bel coprivaso. Per i feticisti delle radici però ci sono anche i vasi trasparenti, esclusivamente in plastica. Apparentemente, l’utilità di questi vasi può sembrare solo quella di poter ammirare le radici e valutarne lo stato di salute. In realtà c’è un ulteriore vantaggio: poter capire meglio il livello di umidità del substrato. OK, non sarà fondamentale, ma posso assicurarvi che in inverno, quando è difficile capire e si sta tirando troppo la corda non innaffiando quella Alocasia o quel Filodendro, poter guardare come stanno messi substrato e radici è molto utile. E poi, se la pianta ha bisogno di un rinvaso perchè ormai le radici sono ovunque, beh, ve ne accorgerete subito.

Vasi auto-irriganti

Non sono un grande amante di soluzioni di questo tipo; altrimenti non avrei mai cominciato a scrivere articoli in cui provo ad aiutare aspiranti pollici verdi, condividendo la mia esperienza. I vasi auto-irriganti promettono di rendere facilissima l’irrigazione, tramite sistemi che distribuiscono l’acqua gradualmente, facendo inoltre capire quando non c’è per niente bisogno di innaffiare o quando è il momento di farlo. Bello vero? Beh, io preferisco gestirmela da solo la questione “irrigazione”. Ma se per qualche particolare motivo non potete stare dietro alle vostre piante con frequenza e costanza (tipo nei casi in cui fate spesso trasferte di lavoro lunghe), beh, forse un vaso auto-irrigante è quello che ci vuole, almeno per le piante più problematiche. Lechuza produce un ottimo modello, con tanto di substrato Lechuza incluso. Potete partire da questo, per farvi un’idea.

Considerazioni Finali

Insomma, vista la lunghezza di questo articolo, e dal momento che si parlava di “vasi”, una cosa è certa: non esistono argomenti banali o secondari, quando si parla di tecniche di coltivazione di piante in casa. Anche la scelta del vaso giusto per un rinvaso, è rilevante; non scegliere quello giusto può portare a situazioni di grande rischio per la salute della vostra pianta. Scegliete bene, quindi.


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Come curare le piante d’appartamento in inverno

Come curare le piante d’appartamento in inverno

Di Massimo Tortorici | Pubblicato in Caffè Tropicale il 10 – Aggiornato il 13 Nov

“Sulle foglie della mia Monstera sono comparse delle macchie scure sui margini, e si stanno allargando”; “L’altro giorno sono inciampata/o  su una foglia della mia Sansevieria che era letteralmente collassata”; “La mia Alocasia ha perso due foglie in 10 giorni, sono disperata/o”; “Quella piantina grassa che mi avevano regalato è diventata improvvisamente scura e non so cosa le è successo”. Lo avete mai sentito dire ad un’amica o a vostra madre, oppure vi ci siete trovate/i voi stesse/i? Sono situazioni che tutti noi plantlovers sperimentiamo, e possono verificarsi in qualsiasi momento, più spesso in inverno. Perchè in inverno? Perchè dopo aver curato brillantemente le nostre piante in casa, nei mesi primaverili ed estivi, in cui loro hanno in genere parecchia luce, temperature alte e bevono tanta acqua, siamo molto rilassati/e o comunque convinti/e di  aver trovato la quadra giusta. Il problema è che in inverno le condizioni ambientali, anche in casa, sono completamente diverse rispetto all’estate; e a volte ce ne rendiamo conto troppo tardi, perchè da settembre a gennaio il mutamento è graduale ma costante. Ed ecco che il lavoro e le soddisfazioni di mesi e mesi di stagione vegetativa, possono di colpo andare a farsi benedire nel giro di poche settimane. In questo articolo proveremo a capire come evitare di vivere le terribili situazioni sopra descritte. Cercheremo cioè di chiarire quali sono le accortezze e le strategie da attuare per curare al meglio le nostre piante da appartamento nei noiosi e difficili mesi invernali.

Irrigazione

Il primissimo aspetto da considerare, quello che può impattare in maniera più netta e fatale sulla salute delle vostre piante è l’irrigazione, o meglio, quanto spesso e in che quantità innaffiate le vostre piante; per essere ancora più specifici, quanto inzuppate il substrato e per quanto tempo questo rimane zuppo o comunque umido. Se avete già letto questo articolo sui substrati, saprete che avere le proprie piante coltivate nel giusto substrato è già un bel passo avanti. Ma non basta. Bisogna anche considerare quanto tempo ci mette il substrato ad asciugarsi e di che tipo di condizioni necessitano le vostre singole piante. Il substrato semi-sabbioso e poroso in cui coltivate le vostre succulente, se in estate ci metteva 10 giorni ad asciugarsi del tutto, in inverno ce ne potrebbe impiegare 20 di giorni, per l’asciugatura. Il mix in cui avete messo dentro le vostre aracee, che in estate bagnavate ogni settimana, per mantenerlo umido al punto giusto e non farlo asciugare del tutto, ora rimarrà umido per 2 o anche 3 settimane. Non esiste un intervallo temporale scientificamente corretto, ovviamente, questi sono solo esempi. Dovrete essere voi a capire, verificandone periodicamente lo stato, ogni quanto i vostri terricci necessitano di acqua. Controllate la noia e tenete a freno il desiderio di dare amore alle vostre piante, dovete essere pazienti, altrimenti sbaglia oggi, sbaglia domani, nel giro di un mese potrete aver indotto alle vostre piante del marciume radicale, con svariati problemi annessi.  Per quanto riguarda la quantità di acqua da somministrare, anche qui dovrete andarci più piano. Riducete un pò la quantità (questo non vuol dire utilizzare il contagocce, neanche per le succulente). Se innaffiate dall’alto, valutate un cambio di metodo: la subirrigazione ad esempio. Potete cioè bagnare servendovi di un sottovaso. Quando ritenete che una pianta ha bisogno di acqua, provate a metterla su un sottovaso della giusta misura, riempiendolo d’acqua. Se la pianta ha effettivamente bisogno, l’acqua finirà in 20-30 minuti al massimo, o comunque il livello sarà sceso drasticamente. Se questo non avviene, beh, avete evitato di innaffiare quando non serviva. Una specifica in più per le piante succulente (Sansevierie incluse): esse sono in grado di immagazzinare parecchia acqua, ma soprattutto, in inverno, con meno luce e crescita ferma, sono a riposo e non hanno quindi esigenza di apporto nutritivo, come invece durante la stagione vegetativa. Innaffiate una volta al mese, non di più (fatte le dovute eccezioni, vedi Schlumbergera che tutti vogliamo vedere piena di fiori).

Concimazione

Parlando di acqua e nutrimento in generale, vale la pena affrontare subito il tema “Concimazione”. Da qualche parte ho letto che le piante non vanno concimate in inverno. Io, e anche altre/i per fortuna, la pensiamo diversamente. Anche in inverno le piante vanno concimate. Certo, bisogna farlo molto meno spesso rispetto alla stagione vegetativa, al massimo una volta al mese. Le vostre piante saranno pressoché ferme e quindi non avranno esigenza di energia specifica per crescere, ma solo di quella per alimentare le funzioni basiche. Concimate quindi meno frequentemente, seguendo sempre le indicazioni in etichetta. Volendo, potete spostarvi su concimi più equilibrati, visto il periodo di “riposo”. Ad esempio: se per le vostre aracee avete usato, fino ad ottobre, un concime come CIFO per Piante Verdi con formula NPK 14-5-8, e quindi ad alto tenore di azoto, per i mesi freddi potreste optare per un COMPO Concime per Piante Verdi, con formula NPK 7-3-6, quindi meno azoto e concentrazione più alta di tanti altri micro-elementi. Che scegliate l’uno o l’altro, entrambi i produttori contemplano la concimazione invernale, con dosaggi, appunto, ridotti, Quindi concimate, concimate anche in inverno e vedrete che, con l’arrivo della primavera le vostre piante saranno più forti e reattive che mai.

Luce naturale

In inverno ci sono meno ore di luce, e su questo siamo tutti d’accordo. Non solo però: la luce è anche meno intensa. In generale, quindi la luminosità che potete avere nel vostro soggiorno in estate è, possiamo dire, dimezzata in inverno. La quantità di luce che una pianta assorbe in un determinato punto non sarà minimamente la stessa tra estate e inverno. Quello che bisogna capire è se ci sono piante che, al variare delle condizioni di luminosità, stanno comunque bene dove stanno, o se hanno bisogno di essere spostate anche solo per sopravvivere. Facendo un paio di esempi pratici:

  • una pianta grassa che nei pomeriggi estivi prendeva un paio d’ore di sole diretto, su una credenza del vostro soggiorno distante 3 metri dalla finestra, in inverno potrebbe beneficiare di uno spostamento su un mobiletto posto a mezzo metro dalla finestra.
  • una Calathea posizionata in una zona riparata dai raggi diretti in estate, in inverno potrebbe avere troppo buio e quindi gradire una posizione più luminosa.

Un’altra specifica è doverosa farla: la luce diretta dei raggi solari in estate non ha nulla a che vedere con quella invernale. Il sole è molto più distante dalla Terra. La stessa luce diretta del primo pomeriggio che in estate brucia le foglie delle vostre alocasie, in inverno può solo che fargli bene. Con tutto ciò, non sto dicendo che dovete cominciare a spostare tutte le piante che avete nelle stanze di casa vostra, anzi. Le piante in casa sono belle anche perchè arredano con stile e gusto a voi più congeniali quel determinato angolo di casa. Valutate caso per caso, e date più luminosità solo alle piante che davvero ne hanno bisogno.

Il supporto delle Grow Lights

Un ulteriore aspetto da considerare in tema “luce” in generale:  l’utilizzo di Grow Lights. Andrebbero sicuramente usate nei seguenti due casi:

  • volete mettere delle piante in una posizione in cui non ricevono la giusta luminosità, a prescindere dalle stagioni
  • alcune vostre piante sono state falcidiate da parassiti o da marciume radicale fino a novembre, e, risolto il problema principale, volete provare a farle riprendere il prima possibile, senza aspettare la primavera.

A parte questi casi limite, le grow lights sono un’ottima opzione se proprio non volete saperne di assistere al “letargo” delle vostre piante. Scegliete delle soluzioni congeniali al vostro arredamento e soprattutto con il giusto PPFD. Se volete approfondire l’argomento, leggete questo articolo.

Temperatura

E siamo alla temperatura. Altro aspetto che subisce variazioni significative, e che incide sulla salute e l’aspetto delle nostre piante tenute in casa. Diciamo subito che in casa, in inverno, non ci saranno mai temperature in grado di uccidere le nostre piante. Di base, mi auguro anche per voi, la temperatura minima in casa sarà sempre di 18 gradi, quindi perfetta per qualsiasi specie. Bisogna però capire a che massime si arriva e come ci si arriva. Nello specifico, infatti, i riscaldamenti di ogni tipo seccano l’aria, chi più chi meno. Avere in casa una temperatura fissa di 24 gradi con umidità 40% potrebbe pure andar bene per diverse succulente; risulta però in parte dannoso per aracee, palme, marantacee, etc., e cioè piante che prediligono un livello di umidità del 60-80%. Le punte delle foglie si seccano, la crescita si arresta prima. E in generale, “respirano” male. Già, le piante respirano, proprio come noi: non parlo della fotosintesi, ma della respirazione cellulare, il processo inverso, tramite il quale le piante espellono l’ossigeno in eccesso sotto forma di anidride carbonica. Senza entrare ora nel dettaglio, tenete conto quindi che l’aria secca fa respirare male noi e loro. In ogni caso, se volete usare mediamente molto i vostri riscaldamenti, posizionate delle vaschette piene d’acqua sui vostri caloriferi per incrementare l’umidità dell’aria. Se però volete una soluzione ad hoc per tenere alta l’umidità intorno alle vostre piante, usate il vecchio trucco dell’argilla espansa nei sottovasi, come descritto in questo articolo, oppure acquistate un bell’ umidificatore.

Ricambio d’aria

Acqua, luce, temperatura, cosa manca? L’aria! Anche lei è importante, in inverno come in estate. Le piante che teniamo dentro casa, in natura non crescono in ambienti chiusi. L’aria favorisce gli scambi gassosi e rinvigorisce la pianta “allenando” la resistenza di tronchi, rami e radici. Ora, in casa non potremo certo far irrobustire le radici delle nostre piante  a suon di correnti d’aria, figuriamoci. Sicuramente però, possiamo assicurargli il ricambio sufficiente per aumentare l’ossigenazione dell’aria, visto che noi, respirando, ne consumiamo parecchio di ossigeno. E in questo modo, contribuiremo anche ad incrementare l’umidità dell’aria di casa nostra, soprattutto se usiamo parecchio i riscaldamenti. A proposito di correnti d’aria: state attente/i, in inverno una folata di aria fredda può dare parecchio fastidio a Ficus, Filodendri e compagnia bella. Lo so che sembra scontato, ma è meglio specificarlo.

Pulire le foglie

Eh sì, anche questo va fatto! Non tanto per questioni estetiche o maniacali, ma perchè in questo modo aiutiamo le nostre piante a funzionare meglio. Fare in modo che le foglie assorbano più luce possibile e facciano correttamente la fotosintesi è ancora più importante in una stagione come quella invernale, in cui la luce è poca e meno intensa. Pulire le foglie con un panno umido (solo acqua, mi raccomando) sarà un’attività noiosa ma se non altro l’impatto positivo sulla salute delle nostre piante c’è, eccome!

Parassiti

Parassiti anche in inverno? Tranquille/i, se farete tesoro di quanto letto finora, credo non avrete problemi, da questo punto di vista. Dalla cocciniglia al ragnetto rosso, infatti, più o meno tutti i parassiti gradiscono temperature sopra i 22 gradi e bassa umidità. Sono queste le condizioni in cui possono proliferare e, purtroppo, in primavera/estate bisogna stare davvero in allerta. Se però tenete i termosifoni a palla, beh, non potrete rilassarvi neanche in inverno. Media di 18-20 gradi, umidità discreta al 60%, substrati a lungo umidi ed eccovi servita la barriera naturale anti-parassiti. Poi, certo, se a novembre pensate di aver definitivamente debellato dalle piante attaccate i vari ragnetto rosso, acari, o tripidi, l’inverno in realtà potrebbe essere solo una lunga parentesi di calma apparente. Questi parassiti, infatti, depositano uova ad un ritmo infernale e le ultime depositate, spesso resistono l’inverno per poi schiudersi ai primi caldi. Quindi, voi buttate sempre un occhio alle piante colpite in precedenza da questi maledetti, anche in inverno. Quando arriva la primavera, beh, in bocca al lupo.

Varie ed eventuali

Tutto quello di cui si è parlato in questo articolo, in generale, vale per la sopravvivenza dentro casa di tutte le piante. Si parla di piante che sono sempre state dentro casa, non di piante che in estate tenete fuori e che pensate di riportare dentro per l’inverno. Per questo argomento va fatto un discorso a parte, in altra sede. Qui si è parlato di sopravvivenza, di condizioni utili al mantenimento dei processi base, che per molte piante sono gli unici ad essere in atto, in inverno. Altre piante, però “lavorano” di più in inverno, dovendo far fronte a processi dispendiosi come la fioritura o la produzione di nuove foglie: due esempi comuni su tutti: la Schlumbergera o Cactus di Natale, e la Albuca Spiralis. La giusta quantità di luce, le temperature, l’umidità del terreno, la concimazione, sono ancora più importanti per queste piante, in inverno. Non sottovalutateli.


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Marciume radicale: cos’è, come si previene e come si cura

Marciume radicale: cos’è, come si previene e come si cura

Scritto da Massimo Tortorici, 20 Ott 2022. Pubblicato in Caffè Tropicale.

Le radici affette da marciume radicale non sono carnose e resistenti come quelle sane, no. Le radici marciscono a tutti gli effetti, e quindi sono scure, mollicce, deboli. Radici così non possono assurgere alla loro funzione, che è fondamentale per la vita della pianta: assorbire le sostanze nutrienti e immetterle nel sistema linfatico.

In autunno si sa, cambia il tempo. Le giornate si accorciano, le temperature si abbassano, l’umidità aumenta (fino a che non accendiamo i riscaldamenti) e, in generale, l’umore ne risente. Non solo il nostro, anche quello delle nostre care amiche piante. Metabolismo rallentato, meno energia per produrre tessuti e radici nuove e una ricerca spasmodica della luce solare sempre più ridotta. Ecco, per loro, spesso e volentieri tropicali abituate in natura ad avere condizioni atmosferiche pressoché stabili, già la situazione è abbastanza deprimente. Evitiamo di metterci il carico anche noi! “Come?” direte voi. Ma è ovvio, innaffiandole troppo! Eh sì, quella che ai più può sembrare un’attività a favore di piante, in realtà non lo è o rischia di esserlo sempre meno in autunno e ancora peggio in inverno. Le piante, in genere, non tardano a manifestare problemi, e lo fanno attraverso le loro foglie. C’è un problema più comune di altri, causato da questa situazione: stiamo parlando del “Marciume Radicale”, il problema numero uno (tolto qualsiasi tipo di parassita) per la salute delle piante che teniamo in casa. In questo articolo cercheremo di capire meglio di che si tratta, come può essere evitato e come comportarsi quando si manifesta in maniera evidente.

Cos’è il marciume radicale e quali sono i sintomi

Il marciume radicale è una malattia della pianta che colpisce le radici, le quali, letteralmente, marciscono. Le radici affette da marciume radicale non sono carnose e resistenti come quelle sane, no. Le radici marciscono a tutti gli effetti, e quindi sono scure, mollicce, deboli. Va da sé, che radici così non possono assurgere alla loro funzione, che è fondamentale per la vita della pianta: assorbire le sostanze nutrienti e immetterle nel sistema linfatico. Di conseguenza, prima ancora di svasare la pianta e rendervi conto che alcune o molte radici sono in questo stato pietoso, i sintomi del marciume radicale spesso sono chiari e li vedete sulle foglie della vostra pianta: foglie che si anneriscono sui margini, con macchie che si allargano sempre più verso il centro della foglia; foglie che avvizziscono e ingialliscono rapidamente. Tutto questo in un contesto in cui voi siete sicure/i non ci siano parassiti e, soprattutto siete sicure/i l’acqua non manchi alla vostra pianta.

Le condizioni che causano il marciume radicale

I responsabili diretti del marciume radicale sono funghi, batteri o nematodi (vermi del terreno), difficilmente in contemporanea, in genere uno alla volta. Tutte creaturine simpatiche insomma! Ok, questi sono i veri cattivoni della situazione. Già, ma come ci arrivano nel substrato della nostra pianta, tenuta nella nostra casa pulita e ordinata? O meglio, come proliferano, fino a causare marciume radicale? Una sola parola: Acqua. O, per essere più specifici “Umidità”. L’umidità, in eccesso, all’interno del substrato dove sono ben piantate le radici della nostra pianta, è l’alleato unico di questi microorganismi. Se il terreno attorno alle radici rimane molto umido per tanti e tanti giorni, è lì che il marciume può originarsi. Se poi continuiamo a tenerlo molto umido per settimane, beh, il marciume si espande rapidamente.

Innaffiare meno o cambiare substrato?

Eccoci arrivati alle soluzioni. Poche chiacchere, il substrato di qualsiasi pianta coltivata in vaso, non deve rimanere mai molto umido per troppo tempo. E qui vengono fuori le prime domande per voi: i substrati nei quali coltivate le vostre piante, sono ben drenati e areati? Quando innaffiate, l’acqua tende ad uscire velocemente dai fori di drenaggio, o ci mette parecchio, pur venendo assorbita rapidamente? Ma i fori di scolo i vostri vasi ce li hanno o no? Insomma, lo avrete capito, se la vostra risposta a una di queste domande è “NO” dovete stare molto attente/i quando innaffiate. Se infatti il vaso non ha fori di drenaggio, il substrato è un semplice terriccio universale, o al massimo un mix di terriccio e perlite e la pianta la tenete in casa, dovrete far passare molto tempo fra le annaffiature. Per quasi tutte le piante di origine tropicale che teniamo in casa (con rare eccezioni, tipo il Papiro, che ama stare in un terreno quasi zuppo) le annaffiature vanno fatte quando il substrato è asciutto per metà o anche per due terzi. Non basta che lo sia in superficie, e per piante che stanno in vasi di diametro 28-40 cm non basta neanche verificarne l’umidità con il “metodo del dito” (infilare il dito nel terreno e vedere se è umido). Usate piuttosto uno stecco lungo al posto del dito, o, meglio ancora, il metodo del “soppesare la pianta”: dopo un po’ di tempo, tutti acquisiamo esperienza sufficiente per capire, dal peso del vaso (e della pianta al suo interno), quanto è bagnato o asciutto il substrato.

Detto ciò, esiste un’alternativa, per evitare tutti questi drammi psicologici, almeno in gran parte: usare substrati drenanti e ben areati (e vasi con fori di drenaggio). Mi riferisco soprattutto alle piante tropicali. Aracee (Monstera, Alocasia, Philodendron, Pothos, Anthurium, etc.), Marantacee (Maranta Leuconeura, Calathee) e tutte le altre famiglie di piante tipicamente tropicali che amano stare in ambienti umidi, hanno bisogno di substrati così. Cosa vuole dire un substrato drenante e ben areato? Vuol dire comporlo con elementi che favoriscono un livello di umidità costante, assorbendo quella in eccesso e rilasciandola gradualmente, ed elementi che creano spazi all’interno del terreno. Leggete questo articolo per farvi un’idea completa. Per le piante grasse la soluzione è più facile, i terricci ad hoc che si trovano in giro vanno benissimo. Certo, avere il substrato giusto, e non un semplice terriccio universale, o “terriccio per piante verdi”, facilita di parecchio il quadro, ma il pericolo marciume radicale rimane comunque presente (innaffiare ogni due giorni perché la vostra pianta è coltivata in un substrato ottimale, non è comunque una buona idea).

Quando optare per un rinvaso

Se vi rendete conto del marciume radicale all’inizio, e cioè i sintomi fogliari sono minimi e svasando la pianta le radici sono solo parzialmente attaccate, potete risolvere il problema nel seguente modo:

1) Eliminate le radici danneggiate e marce

2) Rinvasate la pianta nello stesso vaso

2.1) Se il substrato di partenza è semplice terriccio e non volete cambiarlo, perché pensate vada bene così, allora cambiate frequenza di annaffiatura in maniera drastica. Sarà inoltre necessario sostituire il terriccio zuppo con terriccio nuovo asciutto.

2.2) Se invece pensate il substrato vada cambiato, andandone ad aumentare la capacità di drenaggio e di arieggiamento, allora procedete. Non esistono stagioni buone e cattive per portare una pianta dal substrato sbagliato al substrato giusto; ogni momento è buono.

3) In entrambi i casi (terriccio o substrato adatto), irrigate, possibilmente, diluendo nell’acqua un antifungino ad ampio spettro; in ogni caso, fatelo seguendo le indicazioni del produttore e per un massimo di due trattamenti.

    Piccola nota: il rinvaso inteso come cambio del substrato a volte non è sufficiente. Spesso, infatti, si scelgono vasi troppo grandi, rispetto alla grandezza dell’apparato radicale della pianta. Meglio far stare una pianta con radici un po’ “costrette” che farla stare in un vaso che fa fatica a riempire, con le sue radici. In questi casi il terriccio o substrato tenderà a rimanere più zuppo, perché in molte zone non ci sono radici pronte a succhiar via l’umidità. Ecco, in questi casi, il marciume radicale è più facile che si manifesti, e, oltre a fare tutto quello che si è detto sopra, dovrete anche trasferire la vostra pianta malaticcia in un vaso più piccolo e adeguato al suo apparato radicale.

    Una soluzione drastica

    Ok, quello descritto nel paragrafo precedente è il rimedio da adottare quando la situazione è ancora sotto controllo. Quando però le radici sono particolarmente compromesse, bisogna osare di più. Vale anche se avete applicato il metodo descritto prima, ma non avete ottenuto i risultati sperati e il marciume radicale ha continuato a fare danni. La soluzione in questi casi deve essere la più drastica possibile: taglio. Dovete cioè fare una bella talea della vostra pianta; nel caso delle rizomatose, come ad esempio le Alocasie, non farete talee ma preserverete il rizoma, togliendo tutte le radici marce. Sia esso un rizoma, o una talea, quello che resta della vostra pianta va messo in acqua. Bisogna ricominciare da zero, far spuntare nuove radici, sane, pulite, capaci di svolgere bene la loro funzione fondamentale. E quando la vostra pianta si sarà ripresa e i tempi saranno maturi per rimetterla a dimora in un vaso vero e proprio, il marciume radicale sarà solo un brutto ricordo, anzi, un brutto sogno che voi, e la vostra pianta sopravvissuta, non rifarete più.


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    Piante sofferenti: le 5 regole per farle sopravvivere

    Piante sofferenti: le 5 regole per farle sopravvivere

    Scritto da Massimo Tortorici, 27 Lug 2022. Pubblicato in Caffè Tropicale.

    Sarà capitato a tutte/i di comprare una bella pianta da interno più o meno rara, attratte/i dal fascino decorativo del suo fogliame, e dalla sfida di voler fare un passo in più nella coltivazione delle piante da interno. Qualche informazione raccolta qua e là, un paio di dritte captate dal vivaista e una serie di contenuti social utili a partire nel migliore dei modi. Ok, il primo mese va alla grande, ma tutti gli altri? Succede spesso che, ad un certo punto, dopo diverse settimane o alcuni mesi di tranquillità, la vostra bella pianta nuova dia segni di sofferenza. Questi possono essere più o meno evidenti, a effetto graduale o improvviso, con conseguenze più o meno gravi. La vostra reazione però può essere solo una: “Devo fare qualcosa”. Già, ma cosa? In questo articolo, proverò a suggerirvi alcune regole generali che si possono applicare in tutti o quasi tutti i casi di piante da interno che rischiano più o meno la vita.

    Regola numero 1: osservare la propria pianta

    Per prima cosa, bisogna osservare le proprie piante. Non basta guardarle, o meglio, bearsi ogni tanto di quanto sono belle è sicuramente un’attività appagante. Quello che va fatto è prendersi un momento ogni settimana per guardare da vicino le foglie, l’unico vero specchio immediato della salute di una pianta. È fondamentale farlo, più che altro perché quasi tutti i problemi che può avere una pianta da interno, se riscontrati e affrontati nella fase iniziale, possono essere facilmente (diciamolo sottovoce) risolti. Proviamo a fare qualche esempio:

    • Foglie con sostanza appiccicosa sul fronte e soprattutto sul retro: presenza di ragnetto rosso, acari o cocciniglia
    • Foglie con piccole ragnatele lungo la nervatura centrale e puntini bianchi sulla pagina: ragnetto rosso o acari
    • Foglie con margini marroni che si allargano gradualmente: eccesso di umidità nel terreno e possibile marciume radicale
    • Foglie che diventano gialle e cadono velocemente, senza seccare: in alcuni casi ragnetto rosso/acaro, in altri (tipo Ficus Elastica e Ficus Benjamin) troppa acqua somministrata
    • Foglie che si abbassano o che seccano: carenza idrica
    • Foglie rugose che cadono in poco tempo: shock termico e posizione non ottimale (troppo caldo o troppo freddo)

    Che siano Calathee, Alocasie, Monstere, Filodendri, Crassule, o qualsiasi altra aracea, cactacea, etc. queste sono situazioni che possono riscontrarsi su qualunque pianta.

    Regola numero 2: analizzare lo stato delle radici

    Se dalla vostra ispezione settimanale avete, ahimè, riscontrato la presenza di un problema, ma non avete ancora capito di che tipo sia e come intervenire, allora dovete per forza passare alla fase successiva: il controllo delle radici. Le radici possono infatti essere la fonte del problema. Dalle radici la pianta assorbe tutti i nutrienti che le sono necessari per crescere, produrre nuove foglie e/o fiori, mantenere un aspetto sano. Se il problema non è di natura parassitaria, né associabile alle condizioni esterne, allora dovete ricercarlo sottoterra. Estraete delicatamente la vostra pianta dal vaso, ripulite la parte inferiore del panetto dalla terra, fino a scoprire le radici. Se state facendo questa operazione perché avete riscontrato un problema sul fogliame della vostra pianta, allora è molto probabile che la terra attorno alle radici sia molto umida e compatta, soprattutto se il substrato è formato principalmente da terriccio universale e non da tutti gli altri elementi che facilitano drenaggio e areazione. In questo caso andateci molto piano nel ripulire le radici dalla terra. Comunque, se c’è un problema legato alle radici, dovreste riscontrare:

    • Radici molto scure, mollicce, che si sfaldano molto facilmente: non c’è dubbio, si tratta di marciume radicale, in stato più o meno avanzato
    • Radici sottili e bianche, come ammuffite: attacco fungino in corso

    Regola numero 3: adottare la soluzione al problema

    Individuato un problema, non resta che risolverlo. Ogni problema ha la sua soluzione, teoricamente. Nel blog Caffè Tropicale ci sono alcuni specifici articoli di approfondimento. Bisogna vedere a che stadio di avanzamento lo avete intercettato, il problema. Più tardi è, meno efficace sarà la soluzione da adottare. Ecco perché è fondamentale osservare frequentemente le nostre piante, anche quando sembrano in perfetta salute. Avete trovato ragnetti e acari? Usate un prodotto specifico. Avete trovato radici marce? Eliminatele e reinterrate la vostra pianta, cambiandone il substrato, se quello in cui sta non è adatto e stando più attente/i a come e quanto irrigate. Quello che è certo è che, affinchè la vostra pianta “malata” si riprenda, ci vorrà del tempo, come sempre accade in natura.

    Regola numero 4: essere pronti a soluzioni radicali

    Nel mondo delle piante da interno non ci sono mai soluzioni sicure al 100% e a volte può essere davvero difficile comprendere in tempo qual è il vero problema, o comunque riuscire a risolverlo realmente. Tutte le piante hanno però un aspetto in comune: sono in grado di rigenerarsi. Bisogna sempre tenerlo a mente, quando si pensa non ci sia più modo di salvare la nostra pianta. L’importante è non aver paura di adottare soluzioni drastiche. Avete trattato più volte la vostra Alocasia con un prodotto specifico, ma alla fine il parassita di turno ha avuto la meglio? Non siete riusciti ad arginare l’attacco fungino che ha atrofizzato le radici del vostro Ficus Lyrata? Avete diradato le annaffiature, ma le foglie della vostra Monstera Deliciosa continuano a macchiarsi di marrone? Nessun problema, prendete un paio di forbici, ricavata una o più talee apicali e immergetele in acqua aspettando che spuntino nuove radici. Oppure fate in modo che i rizomi (nei casi in cui ci sono, come per Alocasie) rimangano vivi, mettendoli in acqua, o in perlite, oppure ancora adagiati su un letto si sfagno tenuto sempre umido. Insomma, quello che dovete fare è, di fatti, propagare la vostra pianta, o comunque farla ripartire da zero, cercando di sfruttare al meglio le parti sane che ne rimangono. Tutto questo grazie a due alleati fondamentali: Acqua e Luce.

    Regola numero 5: non perdere mai la speranza

    Questa è la regola principale tra tutte quelle citate. Spesso infatti ci si scoraggia, soprattutto quando, nonostante l’adozione di una possibile soluzione al problema riscontrato non da’ i frutti sperati. “Azzerare” la situazione, ripartire da zero è psicologicamente molto duro, ma a volte è esattamente ciò che deve essere fatto per alimentare le speranze residue di salvare la nostra pianta, con cui, evidentemente, si è ormai stabilito un rapporto. In alcuni casi, bisogna attendere molto, come ad esempio per le Calathee: spesso succede che questo tipo di piante si prendano “un coccolone” improvviso, perdendo tutto il fogliame in maniera inesorabile. L’unica cosa che potrete fare è cercare di restituire alla vostra Calathea le condizioni migliori per prosperare (luce, temperatura e, soprattutto, substrato adatto). A volte, con il fogliame praticamente azzerato, può accadere che dopo alcune settimane di apparente morte, sbuchi di colpo una nuova foglia dal terreno. Miracolo? No, semplicemente “Natura”. Ah, ovviamente dovete crederci, ogni tanto il vaso con la vostra ex Calathea va innaffiato, immaginando che lì ci sia una pianta.

    Considerazioni Finali

    Lo avrete capito, o forse lo saprete già, perché ci siete passate/i. Una volta che cominciate a mettervi delle piante dentro casa, queste diventano veri e proprio componenti della famiglia, creature a cui dedicare attenzioni e cure, anche nei momenti più difficili. E vedrete che quando supererete un problema apparentemente insormontabile, la soddisfazione di essere riuscite/i a salvare la vostra amichetta verde, sarà una delle sensazioni più appaganti che abbiate mai provato.


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    Quale terriccio usare per il rinvaso di una pianta

    Quale Terriccio Usare per il Rinvaso di una Pianta

    Di Massimo Tortorici | Pubblicato in Caffè Tropicale il 18 – Aggiornato l’8 Mar

    Breve guida sulle proprietà che deve avere un substrato per piante da interno e sugli elementi utilizzabili.

    È primavera, avete tanta voglia di fare e l’entusiasmo non vi manca, in tutti i campi. Se vi piacciono un po’ le piante, state pensando “Finalmente è arrivato il momento di rinvasare quell’Anthurium che non entra più nel vaso” o ancora “Ora sostituisco il terriccio di quella Calathea, è lo stesso da due anni!”. Ed ecco che vi viene in mente quel terriccio universale bio che avete visto in offerta al supermercato dove siete solite/i andare. Possiamo dirlo, non state facendo una scelta ottimale. In questo articolo proveremo a spiegarvi perché, dandovi anche qualche consiglio sul tipo di terreno più adatto per le vostre piante.

    Perchè il terriccio universale non va bene

    Partiamo dal concetto principale. Il terriccio “Universale”, quello che viene venduto come compatibile con tutte le piante coltivabili sulla faccia della terra, non va bene, almeno non per le piante da interno. Specifichiamo: non va bene se usato da solo, ma potrebbe essere OK se mischiato a tutta una serie di altre cose. Vi starete chiedendo “perché non va bene? Le piante stanno in terra, il terriccio è universale, quindi..” eh no, qui sta l’errore! Quelle che teniamo in casa, sono piante che in natura, non fanno crescere le loro radici in un vaso di diametro 30 cm e altezza 25, non vivono in un ambiente privo di insetti e micro-organismi, con ricircolo dell’aria minimo e non sopravvivono in condizioni di luce non esattamente corrispondenti ai loro desideri. Insomma, il problema per cui non va bene usare solo il terriccio universale per un rinvaso, vi sembrerà strano, ma è collegato a tutti questi elementi.

    Cosa serve al substrato di una pianta da interno (e da esterno)

    Volete sapere cosa serve al terreno in cui mettete a dimora la vostra bella pianta quando la rinvasate? Le seguenti condizioni:

    • Apporto nutritivo costante
    • Umidità a livelli congeniali
    • Buon livello di arieggiamento
    • Capacità Drenante

    Sembra complicato, ma in natura, in realtà, è tutto molto semplice. Gli animali che “pascolano” nei dintorni di qualsiasi pianta forniscono l’apporto nutritivo costante di cui esse hanno bisogno, principalmente grazie alle loro deiezioni. Lo stesso fanno gli insetti che abitano nel terreno, che, inoltre, lo smuovono continuamente, garantendone l’arieggiamento. La pioggia, oltre a bagnare terriccio e radici, fornisce l’azoto, fondamentale per la crescita di qualsiasi pianta. Il resto lo fa la composizione del terreno, ricco dei micro- e macro-elementi più adatti al tipo di pianta che vi cresce, in grado di massimizzare il livello di umidità esterno ed interno di quello specifico habitat, e di drenare l’acqua in eccesso (o di trattenerla) se serve. Magia? No, semplicemente Madre Natura. Quello che facciamo noi quando coltiviamo piante in casa, è provare ad imitarne la perfezione.

    I limiti dei terricci specifici commerciali

    Li abbiamo citati nell’introduzione. Si tratta di terricci venduti come ideali per piante verdi, per piante grasse, terricci per la coltivazione di agrumi, adatti a piante fiorate, etc. Ora, tutti questi terricci specifici sono in effetti diversi dal terriccio universale e, a seconda della categoria di piante per cui sono studiati, presentano delle componenti adatte a quel tipo di coltivazione. Il problema però è la concentrazione di questi elementi, molto scarsa, in tutti i casi. Facciamo un esempio: il terriccio per piante verdi in genere contiene perlite, elemento di cui si parlerà a breve; peccato che il rapporto sia 1 a 100 (un granello di perlite per 100 granelli di terra), quando invece dovrebbe essercene 20-25 volte tanto. Ora, per le piante che tenete fuori in balcone 12 mesi l’anno e per le piante grasse, questi terricci specifici vanno bene sempre, alla fine. E cioè sono ok perché, tutto sommato, stando fuori sperimentano condizioni ambientali più naturali (maggior ricambio d’aria, più luce, più fotosintesi e terreni che si asciugano prima). Per tutte le altre piante verdi, spesso tropicali, che tenete in casa, può esservi utile leggere le prossime righe.

    Semplice Terriccio Universale

    Elementi da utilizzare per un buon substrato

    E allora, quali sono questi elementi magici che fanno crescere le nostre piante da interno sane e rigogliose?
    Eccovi una breve sintesi:

    • Chips e Fibra di Cocco: componenti leggeri che si mantengono discretamente umidi, una volta bagnati. Non si compattano fra loro e occupando un discreto spazio, garantiscono un buon arieggiamento.
    • Perlite, Pomice, Lapillo Vulcanico: materiali porosi, in grado di farsi attraversare facilmente dall’acqua e di trattenerne la giusta quantità; fondamentali per mantenere il giusto livello di umidità. La perlite è la più leggera tra i tre e trattiene meno acqua, ma è anche l’inerte più facile da trovare in commercio. 
    • Bark: ricavato dalla corteccia di pino, aiuta a creare spazi nel terreno, aumentando il grado di traspirazione ed evitando che le radici soffochino. Meno impermeabile della fibra di cocco, ma più facilmente asciugabile del terriccio vero e proprio.
    • Zeolite: minerale noto per l’elevata capacità di assorbire chimicamente gli elementi nutritivi dei concimi liquidi, rilasciandoli gradualmente. Sul mercato ci sono alcuni substrati fatti di vari materiali minerali aventi queste proprietà (inclusa la Zeolite e la Pomice) come ad esempio il Lechuza-Pon. Un altro minerale valido, con caratteristiche simili alla Zeolite, in termini di leggerezza e capacità di massimizzare la resa dei concimi liquidi è la Vermiculite.

    Questi appena elencati, sono elementi che possono essere usati mischiati tra loro, con o anche senza l’aggiunta di terriccio.

    Bark
    Fibra e Chips di Cocco

    Come compongo il mix adatto alle mie piante?

    Il Mix adatto per le vostre piante andrà deciso sicuramente tenendo conto delle caratteristiche degli elementi illustrati nel paragrafo precedente. Non solo però. Già, perché l’altro elemento da considerare, siete voi. Bisogna infatti tener conto del fatto che meno terriccio nel mix equivale a maggior capacità drenante (cioè molta più acqua che viene espulsa dai fori di drenaggio, anziché rimanere dentro il vaso), e a maggior facilità di asciugatura del mix stesso; tradotto, minore sarà la quantità di terriccio che userete nel mix, maggiore sarà la frequenza delle annaffiature. Quindi, se pensate di non essere in grado di innaffiare ogni settimana e di non avere troppa pazienza nel far scolare l’acqua in eccesso (che non deve assolutamente rimanere nei sottovasi), usate più terriccio, altrimenti, osate pure!
    Vediamo alcuni esempi di mix:

    • Marantacee (Calathea, Maranta Leuconeura): piante che hanno bisogno di mantenere un elevato livello di umidità del terreno. Un buon mix potrebbe quindi essere composto da: 30% terriccio, 30% perlite e/o pomice/lapillo, 15% Fibra e Chips di Cocco, 20 % Bark, 5% Zeolite o Pon.
    • Aracee (Alocasia, Monstera, Pothos, Philodendron): piante che hanno bisogno di mantenere un livello di umidità buono e costante. Un’idea potrebbe essere: 20% terriccio, 25% perlite e/o pomice/lapillo, 25% Fibra e Chips di Cocco, 25% Bark, 5% Zeolite o Pon.
    • Altre piante che hanno esigenze di umidità del terreno più basse rispetto ai casi precedenti (Ad esempio Ficus, Kenzia, Pilea Peperomioides): 20% terriccio, 25% perlite e/o pomice/lapillo, 30% fibra e chips di cocco, 20% bark, 5% Zeolite o Pon.

    Naturalmente, tutti questi elementi vanno mischiati assieme, non vanno messi a strati all’interno del vaso. Si tratta comunque di indicazioni di massima, e non è detto che abbiate voglia né modo di comprare tutti gli elementi illustrati. Di base però, oltre al semplice terriccio universale, la Perlite dovreste averla.

    Perlite

    Altri elementi utilizzati per creare substrati

    In commercio, oltre a quelli citati sopra, ci sono altri elementi spesso utilizzati. Vi riportiamo la lista dei più illustri:

    • Torba: materiale naturale che ha la duplice funzione di ossigenare il terreno e nutrirlo. Spesso è presente nei terricci originari delle piante che compriamo, in quanto favorisce la germinazione. Se proprio volete usarne un pò, tenete conto che in molti terricci per piante verdi, ce n’è già in discreta misura.
    • Argilla Espansa: inerte spesso consigliato per aumentare il drenaggio del terreno; per capirci, va confrontato con Perlite e Pomice. Rispetto a queste ultime, però, l’argilla espansa, soprattutto quella da giardinaggio, è divisa in pezzi più grandi ed è meno porosa. Tradotto, trattiene più acqua e quindi mantiene il terreno più umido.
    • Sfagno: tipo di muschio che tutti avrete sentito nominare. Si usa spesso per fare supporti artigianali per Aracee e per far germogliare semi e rizomi. Meglio usarlo per questi scopi.
    • Humus di Lombrico: prodotto ottimo, con proprietà nutritive e di protezione dal marciume radicale. Fate conto che si tratti di concime a lento rilascio. Nel lungo periodo il suo effetto si estingue, quindi, se usate un buon concime liquido, va bene lo stesso.

    Considerazioni finali

    Se siete arrivate/i fino a qui, vuol dire che gli argomenti trattati un po’ vi hanno convinte/i. Quello dei substrati è un argomento in evoluzione e difficilmente troverete due piantologhi pseudo-esperti che usano le stesse composizioni. Una cosa però è certa: se introdurrete anche solo un terzo dei principi espressi in questo articolo, forse, un giorno non dovrete più pensare, quando una pianta sta male, “Forse le ho dato troppa acqua”.


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    Rinvaso di una pianta: come e quando effettuarlo

    Rinvaso di una Pianta: Come e Quando Effettuarlo

    Di Massimo Tortorici | Pubblicato in Caffè Tropicale il 3 – Aggiornato l’8 Mar

    Tutto quello che c’è da sapere per effettuare un rinvaso a regola d’arte.

    Il rinvaso di una pianta, questa strana operazione che sembra l’azione più facile da fare quando si compra una pianta, la si da’ quasi per scontata. Si prende un vaso più grande, si aggiunge un po’ di terriccio, e via! Chi di noi, piccoli plantlovers, non l’ha mai pensato?! Eppure, rinvasare una pianta non è un’operazione così banale. Non tanto per il fatto di dover estrarre fisicamente una pianta ed inserirla in un altro vaso, quanto per il fatto che un rinvaso fatto male, non considerando i giusti fattori, può dare seri problemi alla vostra pianta. Vi è mai capitato di avere una pianta che in vaso originale, come da acquisto, andasse bene, salvo poi deperire progressivamente dopo averla rinvasata? Questo articolo è frutto di esperienza personale, scandita da errori, apprendimenti e successi nei rinvasi di piante da interno (e non solo).

    Quando effettuare il rinvaso

    Cominciamo dal “quando” si rinvasa. Ci si riferisce a due aspetti: il momento in cui la pianta ha bisogno di un rinvaso e il periodo dell’anno in cui farlo. In relazione al primo punto, i fattori che ci obbligano ad effettuare il rinvaso di una pianta sono i seguenti:

    Vaso troppo piccolo

    Tutte le piante che teniamo in vaso sono costrette a vivere in uno spazio a loro non congeniale, una sorta di prigione. Brutto come concetto, vero? Eppure è la realtà. Tutte loro, in natura, sono libere di spaziare e di far crescere le loro radici dove e quanto vogliono. Nei vasi in cui le teniamo non è così. Le radici crescono comunque, ma lo fanno in un ambiente ristretto, a volte facendo più e più giri lungo le pareti del vaso. Se poi le radici arrivano ad uscire dai fori di drenaggio sul fondo del vaso, è molto probabile che la pianta vada rinvasata. Se non è così, una volta l’anno provate ad estrarla dal vaso, a terreno asciutto, e date un’occhiata alle radici: se disegnano cerchi lunghi chilometri tutto attorno al panetto di terra, beh, anche in questo caso è ora del rinvaso!

    Substrato di coltivazione non adatto

    Diciamolo subito, il substrato di coltivazione quasi sempre non è di per sè un problema. Il problema potrebbe essere la sua resa in un ambiente totalmente diverso per luminosità e umidità, rispetto ad una serra di produzione, come sono in genere le nostre case. Nei primi giorni dovrete sempre vedere come si comporta il terriccio. Se non vi piace cambiatelo, ma mi raccomando, non peggiorate la situazione, scegliete il substrato giusto (vediamo più avanti come).

    Substrato troppo zuppo

    Altra cosa da verificare quando acquistate una pianta è quanto il terriccio è bagnato. Se la pianta è appena arrivata in negozio dalle serre di produzione, sarà probabilmente zuppa. Se la portate a casa in primavera/estate, nessun problema, fate asciugare qualche giorno e da lì si comincia a bagnare; se invece la comprate in autunno/inverno, può essere problematico, le piante possono metterci settimane ad asciugarsi, causa poche ore di luce, a meno chè non abbiate in casa delle valide grow lights. Per evitare marciume radicale , in questi casi è meglio cambiare terriccio, mettendone di nuovo e asciutto. Anche per questo le piante da interno che vendiamo nel nostro shop online, superano un adattamento in negozio di almeno 10 giorni. 

    Perchè la primavera è il periodo migliore per rinvasare una pianta

    Decantata da tutti come la stagione unica e assoluta in cui poter fare qualsiasi cosa alle proprie piante, la primavera è in effetti ottima per alcuni aspetti; per altri però, come ad esempio il rinvaso, non lo è, o perlomeno non è così fondamentale. Il motivo per cui la primavera viene spinta come stagione in cui effettuare i rinvasi è una solo: la capacità di ripresa della pianta. Quando effettuiamo un rinvaso, infatti, stiamo sottoponendo la pianta ad un piccolo shock: radici esposte, spesso spezzate in più punti, cambio di micro-clima per qualche minuto, nuovo mix di terra. Già, ma quanto può essere duro questo shock? Se fate le cose per bene, è superabilissimo. Se fate le cose così e così o non vi sentite sicure/i, beh, meglio aspettare la primavera. Con la stagione della rinascita, la pianta entra nella fase vegetativa, le radici crescono più facilmente, e risulta quindi più semplice far riprendere ed assestare la vostra pianta nel suo nuovo vasetto. Se però avete una pianta che soffre o che rischia seriamente di soffrire e vi trovate in pieno inverno, meglio effettuare il rinvaso. Se ciò può aiutarla a stare meglio, non ci sono stagioni che tengano.

    La scelta del vaso: dimensioni e materiale

    La scelta del vaso, quando si effettua un rinvaso, è molto importante. La parola chiave da avere in mente è gradualità. Per tutte le piante, vale cioè la regola di scegliere, ad ogni rinvaso, un contenitore leggermente più grande del precedente. Roba di 2-3 cm di diametro. Questo perchè, nel caso mettessimo una pianta in un vaso troppo più grande rispetto al suo apparato radicale, il substrato che riempie questa superficie extra rimarrebbe troppo umido e per troppo tempo, esponendo la pianta al rischio di marciume radicale. Dove ci sono radici infatti, l’acqua viene assorbita, dove non ce ne sono, invece, bisogna aspettare che si asciughi da sola. Parlando di materiali, poi, terracotta e, un pò meno, la ceramica, sono traspiranti, eliminano cioè l’umidità in eccesso dalle pareti; sono quindi ottimi per la coltivazione di piante grasse. I vasi in plastica, invece, non traspirano. Una cosa che dovrebbe sempre esserci è un drenaggio, assicurato da fori sul fondo. Solo così, quando si annaffia, l’acqua in eccesso defluisce. Per un approfondimento maggiore sulla tematica “vasi da scegliere per il rinvaso”, leggete questo articolo.

    La scelta del giusto mix di terra

    Eccoci arrivati al punto cruciale di questo articolo. La scelta del mix adatto è FONDAMENTALE per la salute e la crescita delle vostre piante. Gli elementi su cui valutare un mix di terra sono 3: la ricchezza di elementi nutritivi, la capacità drenante, il grado di arieggiamento. Vediamoli nel dettaglio.

    Apporto nutritivo

    Diciamo subito che questo elemento è il meno importante, semplicemente perché l’apporto nutritivo lo diamo con il concime. Un buon concime liquido somministrato con le dosi e i tempi giusti è più che sufficiente per nutrire le vostre piante. Se proprio volete dare un boost all’assorbimento dei nutrienti garantiti dal concime liquido, potete utilizzare della zeolite nel vostro mix di terra. La zeolite è un minerale leggero e poroso che ha la funzione di trattenere i nutrienti e rilasciarli gradualmente, garantendo alla pianta un nutrimento costante. Ovviamente, potrete sempre prevedere l’utilizzo di un concime granulare a lento rilascio, nel vostro terreno, in sostituzione del concime liquido e della zeolite. In ogni caso, un terreno senza zeolite e senza concime a lento rilascio, funzionerà lo stesso, a patto che utilizziate, quando serve, un buon concime liquido.

    Capacità drenante

    Questo è l’aspetto più importante da considerare quando predisponete il mix nel quale rinvasare le vostre piante. Per molte piante, si sa, avere un terriccio che rimane molto umido per diversi giorni, non è un bene. Non va bene neanche per quelle a cui si pensa che piaccia avere il terreno umido (tipo Calatee, Alocasie, etc.). No! Il terriccio, per queste piante, deve garantire un certo livello di umidità, che dev’essere, semmai, discreto e costante. Per le piante grasse invece il terriccio deve potersi asciugare rapidamente. Esigenze diverse insomma. E per esigenze diverse ci sono elementi diversi:

    • Chips e Fibra di Cocco: componenti leggeri che si mantengono discretamente umidi, una volta bagnati. Non si compattano fra loro e occupando un discreto spazio, garantiscono un buon arieggiamento.
    • Perlite e Pomice: materiali porosi, in grado di farsi attraversare dall’acqua e di trattenerne la giusta quantità da rilasciare nei giorni successivi; fondamentali per mantenere il giusto livello di umidità. Si può usare l’uno o l’altro, a me piace usarli entrambi.
    • Bark: ricavato dalla corteccia di pino, aiuta a creare spazi nel terreno, aumentando il grado di traspirazione ed evitando che le radici soffochino. Meno impermeabile della fibra di cocco, ma più facilmente asciugabile del terriccio vero e proprio.
    • Orchiata: fratello maggiore del bark, da utilizzare per rinvasi di piante importanti.
    • Terriccio universale: eh sì, c’è anche lui, per fortuna. L’unico elemento che fa fatica ad asciugarsi e che al tempo stesso tende a compattarsi con l’umidità.
    • Sabbia: la conoscete tutti, povera di nutrienti, granulare e facile ad asciugarsi.

    Gli ultimi due elementi sono tipici dei terricci per piante grasse, e vi dico la verità, si trovano decentemente mixati nei terricci pre-confezionati per piante grasse. Io mi trovo bene, e le mie succulente pure! L’unico elemento che mi piace aggiungere è della pomice, per aumentarne le caratteristiche di traspirazione.

    Tutti gli altri elementi, uniti sempre al terriccio universale, funzionano molto bene mixati insieme, nel caso di quasi tutte le piante da interno che non siano grasse, come spiego in maniera approfondita in questo articolo.

    Grado di arieggiamento

    Gli elementi che garantiscono un arieggiamento bello elevato li abbiamo già citati, in realtà (fibra e chips di cocco, bark e orchiata). Per cui, in questa sede specificheremo solo perché è importante arieggiare il terreno. Brevemente: più spazio e ossigeno per radici più in salute; maggiore capacità di asciugarsi per il terreno. Non serve altro.

    Irrigare o no, prima e dopo il rinvaso?

    Qui siamo ai dettagli. Ma, si sa, a volte i dettagli fanno la differenza. Irrigare la pianta prima di un rinvaso ha l’utilità di fornirle l’energia sufficiente a superare i giorni successivi al rinvaso, oltre che a rendere il terriccio originario più morbido. Quando si rinvasa una pianta, è facile rompere qualche radice. Le “cicatrici” hanno bisogno di qualche giorno per rimarginarsi del tutto e, in questo intervallo di tempo, bisogna evitare che ci sia troppa umidità nei loro dintorni, per scongiurare l’insorgere di marciume radicale o, peggio ancora, di malattie fungine. Dopo il rinvaso quindi, se si tratta di piante che vogliono comunque avere le radici sempre umide, sarà buona norma innaffiare leggermente il substrato, ma senza esagerare; se si tratta invece di piante grasse e succulente, potete attendere qualche giorno.

    Il rinvaso vero e proprio

    Diamo una serie di informazioni abbastanza note: sistemate dei pezzi di coccio sul fondo del vaso, aiuteranno a mantenere il fondo asciutto (nel caso vi sbagliaste con la quantità di terriccio nel vostro vaso). Rimuovete tutta la terra vecchia dal panetto radici-terra; liberatele le radici, liberatele il più possibile dai grovigli formatisi col tempo (eliminate le radici marce, se ce ne sono). Deponete la vostra pianta al centro del vaso e riempitelo con il vostro mix fino alla tacca interna del vaso (un bordo in rilievo 2-3 cm sotto il bordo vero e proprio); fate in modo che la vostra pianta abbia solo le radici interrate, non anche mezzo-tronco! L’ideale è fare in modo che la terra arrivi alla stessa altezza cui arrrivava prima del rinvaso. Dopodiché, attendete tutti i giorni necessari per procedere con la prima vera irrigazione, e il gioco è fatto!

    Considerazioni Finali

    Nulla da aggiungere, solo un GRAZIE per essere arrivate/i fino alla fine di quello che probabilmente è uno degli articoli più lunghi pubblicati su questo blog!


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