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Grow Lights: come scegliere quelle giuste

Grow Lights: come scegliere quelle giuste

Di Massimo Tortorici | Pubblicato in Caffè Tropicale il 14 – Aggiornato il 12 Set

Piccola guida per capire meglio cosa sono le grow lights, quando utilizzarle e quali parametri guardare per scegliere quelle giuste.

Quante volte, dopo un’estate in cui le vostre Alocasia sono esplose di tante nuove foglie, vi siete ritrovate/i a piangere ogni singola foglia che ingialliva e veniva giù. Quante volte avete maledetto voi stesse/i per aver innaffiato senza attenzione la vostra Monstera, causando quelle orribili macchie marroni sulle foglie costruite con tanta pazienza? O anche solo quanto avete lottato contro la depressione provocata dal vedere le vostre piante super-attive andare in riposo vegetativo per mesi interi? Questo articolo è per voi! Parleremo delle ormai famosissime “Grow Lights”, spiegheremo perché queste sono il miglior alleato per trascorrere un inverno sereno insieme alle nostre piante coltivate indoor, e soprattutto, capiremo quali aspetti considerare prima di procedere ad un eventuale acquisto.

Perchè acquistare una o più grow lights

Prima di addentrarci negli aspetti tecnici utili per comprendere come funzionano le grow lights, cerchiamo di capire in quali casi queste possono essere utili.
Le grow lights altro non sono che “simulatori del sole” o meglio, fonti di luce artificiale che simulano perfettamente quella naturale. Possono quindi essere utili in due diverse situazioni:

  • avete un angolo di casa abbastanza buio e volete comunque collocarci una pianta che secondo voi ci sta da Dio (le piante finte non sono una possibilità accettabile)
  • il drastico e inesorabile calo invernale delle ore di luce naturale (e dell’intensità di questa luce) vi terrorizza o semplicemente vi siete stufati di vedere le mie piante ferme per mesi e mesi.

In entrambi i casi le grow lights possono fare al vostro caso. Vediamo quindi cosa sono, come utilizzarle al meglio e quali fattori considerare prima dell’acquisto.

Non semplici lampade a led

E già. Se pensate che le Grow Lights siano semplici lampade al led, magari più potenti delle solite, vi sbagliate. Se pensate anche che una grow light debba essere necessariamente blu o violetta o rossa, anche qui siete fuori strada. Le Grow Lights sono, traducendo in italiano, “luci artificiali per (la crescita delle) piante”. Ciò che le rende speciali e diverse rispetto alle classiche lampadine a led, è la frequenza emessa. Una frequenza specifica, che spazia dai 400 agli 800 nano-metri (Nm) che non fa altro che simulare la luce solare. Impiegate da anni per coltivazione indoor a scopi professionali, negli ultimi anni le grow lights hanno subito diverse evoluzioni, diventando di recente un articolo estremamente interessante anche per i semplici hobbysti/plantlovers. L’innovazione principale consiste nell’impiego di luce bianca, o meglio, luce che dal nostro occhio viene percepita come bianca. Queste grow lights evolute vengono chiamate “Luci a spettro completo” e sono quelle su cui ci concentreremo in questo articolo.

Quante ore al giorno vanno utilizzate?

Arrivati a questo punto, vi è chiaro che le Grow Lights possono aggiungersi o, nei casi più estremi, sostituirsi alla luce naturale. L’unica regola aurea da seguire, per capire quando e per quante ore tenerle accese, è quella delle ore minime e massime di luce presenti dal 21 marzo al 21 settembre. Detto in altri termini, si va da un minimo di 12 ore, ad un massimo di 16 ore di luce al giorno. Nella stagione buona, è sempre meglio cercare di seguire il più possibile il naturale ritmo giorno/notte. Questo perché, per quanto buio possa essere un angolo, un po’ di luce arriverà sempre, ed è quindi meglio non scombussolare le vostre piante dando loro poca luce di giorno e luce forte (da grow light) durante la notte. Anche le nostre piante hanno bisogno di dormire per qualche ora!
Quindi, in primavera terrete accese le vostre grow light 12-13 ore al giorno, in estate 15-16. E dopo il 21 settembre? Beh, in autunno e in inverno, potete tararvi sulle 12 ore, come se foste all’equatore. Dopo tutto, la stra-grande maggioranza delle piante che abbiamo in casa vivono in natura nelle fasce tropicali ed equatoriale. 12 ore di luce sono più che sufficienti per far star bene le nostre piante e farle continuare a produrre tante belle foglie ad un ritmo discreto.

E la bolletta?

Potete dormire sonni tranquilli. Le Grow Lights in commercio si basano su tecnologia LED, quindi consumano davvero poco. Per capire quanto l’uso giornaliero può pesare sulla bolletta della luce possiamo fare un veloce e semplice esercizio.
Supponiamo di avere in casa grow lights per una potenza complessiva di 40W (in media la potenza che occorre per “foraggiare” di luce una zona di casa dove raggruppare ipoteticamente un po’ di piante). Il consumo al mese, ipotizzando di tenerle accese 12 ore al giorno, tutti i giorni è di:

Consumo mensile = (Watt x Ore / 1000) x 30

Quindi, nel nostro caso:

Consumo mensile = (40W x 12h / 1000) x 30=14,4 kW/h

Assumendo che abbiate un contratto di fornitura energia elettrica con prezzo variabile, considerato che il prezzo medio dell’energia da gennaio a novembre 2023 è di circa 0,15€/kW/h, le nostre ipotetiche grow lights peserebbero sulla bolletta mensile per circa: 0,15 x 14,4= 2,16€ (+tasse).

Non proprio un salasso.

Quali parametri considerare per la scelta delle giuste grow lights?

La prima caratteristica fondamentale che deve avere una grow light, lo avrete capito, è che sia “a spettro completo”. Quindi NO luci rosse, blu, viola; luce bianca va benissimo, illumina le piante di un colore gradevole e non infastidisce i nostri poveri occhi.

Il parametro principe, da verificare per capire qual è l’efficacia di una grow light, vale a dire quanto questa avrà il potere di far vivere e crescere sane le mie piante, è però uno solo: il PPFD. Acronimo di “Photosynthetic Photon Flux Density, il PPFD descrive la densità di fotoni utili alla fotosintesi che la grow light è in grado di fornire in un determinato istante su 1 metro quadro di superficie.
Molto semplicemente, più alto è questo numero, più la nostra grow light è potente.
ATTENZIONE: per confrontare grow light diverse, è importante verificare su quale distanza è espresso il PPFD: la potenza della grow light varia, naturalmente, in base alla distanza dalla pianta.
Facendo un esempio concreto, SANSI (di cui parleremo tra poco) esprime in chiaro un PPFD rapportato ad 1 “feet”, vale a dire circa 30 cm di distanza. Elho, altro marchio, esprime il suo PPFD rapportato su una distanza di 10 cm. Quindi se vogliamo confrontare i PPFD di una grow light SANSI con quelli di una grow Light ELHO, dobbiamo almeno moltiplicare per 3 il PPFD di SANSI. Man mano che riduciamo la distanza della lampada dalla pianta, infatti, il PPFD aumenta esponenzialmente (tenetelo a mente quando posizionate le vostre grow lights).

Altri fattori da considerare poi sono, sicuramente la qualità e affidabilità del marchio, il prezzo (ovviamente) e il design. Ora, ci sono lampade per tutti i gusti e di ogni prezzo, ma l’affidabilità di un marchio la potete sicuramente percepire dal fatto che l’informazione relativa al PPFD sia dichiarata in maniera trasparente. Un produttore di grow light che non fornisce in maniera chiara questo parametro non è un produttore affidabile, o comunque ha deciso di non puntare sul PPFD come elemento di forza da comunicare per il proprio prodotto.

Alcuni consigli

Quando si parla di grow light, il marchio migliore in assoluto è SANSI. Azienda cinese fondata nel 1993, è leader in questo settore. Forse sul design possono migliorare, ma in termini di qualità, funzionalità e convenienza, non hanno eguali. Riportiamo un po’ di opzioni:

  • SANSI doppia a collo di cigno 20W: questa pratica grow light con bracci flessibili e orientabili, ciascuno con un bulbo da 10W è la soluzione ottimale per chi vuole illuminare dall’alto un gruppo di piante, senza comprare pezzi extra. L’unico aspetto da considerare è a cosa fissarla tramite la grande clip. PPFD: (distanza 30 cm) 195,82 mmol/s/㎡.
  • SANSI doppia per scaffali 10W: evoluzione della precedente, è la soluzione studiata per essere ancorata sulle pareti di scaffali e librerie, preservando l’aspetto estetico. Potenza più che dimezzata per la coppia di faretti, ma d’altra parte, per come sono fatti, capita spesso di posizionarli molto vicino alle piante da “trattare”. PPFD: (distanza 30cm) 48,98 mmol/s/㎡.
  • SANSI per vaso con timer integrato 10W: questa pratica ed elegante lampada con braccio e clip studiati per agganci ottimali a vasi di dimensioni medie e piccole, è perfetta per tutti i casi in cui non ci sia un appiglio (come invece nel caso dei due prodotti precedenti). PPFD: (distanza 15cm) 169,7 mmol/s/㎡.

Per tutti e tre i prodotti esistono modelli senza e con timer (questi ultimi costano un po’ di più). Se volete collegare più grow lights, il suggerimento è di prendere modelli senza timer incorporato, collegandoli tramite ciabatta ad un unico temporizzatore manuale, come ad esempio questo.

Queste sono soluzioni “chiavi in mano”, ma se non vi piacciono esteticamente e volete qualcosa di diverso, potete sempre montare i faretti SANSI su un supporto a vostro piacimento. Ad esempio, se volete usare una piantana grande che illumini un intero scaffale, potete sceglierne una qualunque (con attacco E27) di vostro gusto e montarci sopra un faretto bello potente, che funzioni bene anche se tenuto ad una certa distanza, come il SANSI LED 36W. PPFD: (distanza 30cm 265,58 mmol/s/㎡.

Esistono poi numerosi brand, ma spesso e volentieri il costo è superiore e la resa decisamente inferiore, posto un PPFD basso. Vale la pena citare un prodotto di Elho, ELHO Light Garden. Studiato per la coltivazione di erbe aromatiche o comunque piante di altezza/larghezza contenute, questo prodotto di indiscusso valore estetico risulta molto comodo anche per la bagnatura delle piante per sub-irrigazione, grazie al comodo piattino integrato. La potenza, dicevamo, è bassina: PPFD (distanza 10cm) è di 120mmol/s/㎡, ma per come è fatto il prodotto è facile sfruttarla tutta, vista la distanza minima dalle piante “trattate”.

Considerazioni Finali

Insomma, come spesso accade nel fantastico mondo delle piante da interno, anche per le grow lights, in giro è pieno di insidie e di falsi miti, a volte anche a causa di influencer o “esperti” che raccomandano prodotti apparentemente infallibili. L’auspicio è che con questo articolo abbiate ora le idee più chiare su perché usare delle grow lights e su come scegliere quelle giuste. Ora andate, e growlightizzatevi tutti/e!


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I migliori umidificatori per piante tropicali da interno

I migliori umidificatori per piante tropicali da interno

Scritto da Massimo Tortorici, 8 Nov 2022. Pubblicato in Caffè Tropicale.

Per alcune piante, il livello ottimale di umidità, quello che le fa stare davvero bene è del 60% o poco più. Farle stare in un ambiente con aria molto secca, diciamo con il 30%-40% di umidità al massimo, non da’ di certo un boost alla loro crescita, anzi. Ecco perché è fondamentale avere uno o più umidificatori in casa.

Umidificatori e piante, un binomio irrinunciabile per qualunque plantlover con una discreta collezione di piante tropicali in casa. Direte “addirittura irrinunciabile?” Avrete letto, probabilmente, questo articolo, in cui metto in fila i vari metodi impiegabili per aumentare l’umidità delle nostre piante. È vero, avere un umidificatore è solo uno dei metodi. Però è il più evoluto, il più comodo e anche il più versatile. Già, perché avere uno o più umidificatori in casa può essere utile non solo per le nostre piante, ma anche per noi. In questo articolo, vedremo brevemente quali sono i possibili usi di un umidificatore, quando e perché può fare la differenza per le nostre piante in casa, e quali sono i migliori in circolazione sul mercato.

Un elettrodomestico multitasking

Li avrete visti in giro sui social, in azione dentro serre fai-da-te o semplicemente posizionati su uno scaffale o su un mobile pieno zeppo di piante. Eppure, gli umidificatori sono apparecchi che possono essere utilizzati anche per il benessere delle persone. Di più: le aziende produttrici spingono molto più questo aspetto, e cioè i benefici per le persone, che non quelli per le piante. Che tipo di benefici? Respiratori, in primo luogo. L’aria troppo secca, tipica delle case riscaldate in autunno e inverno, rende più difficoltosa la respirazione e facilita l’insorgere di fastidi stagionali, come ad esempio, mal di gola, raffreddori, influenze. Il perché è molto semplice, se l’aria che respiriamo è troppo secca, le mucose e, più giù, i bronchi, che hanno bisogno di umidità, si asciugano e quindi diventano meno efficienti. Teoricamente, poi, l’aria troppo secca non fa bene né alla nostra pelle, né a quella dei nostri animali domestici. La disidratazione causa secchezza della pelle, quindi, soldi che se ne vanno in creme e prodotti cosmetici, in alcuni casi farmaci, atti a contrastare il problema. Oltre ad aspetti di salute fisica, un umidificatore in casa può aiutare anche la salute psicologica. Sembra che vedere la nebbiolina uscir fuori da questi apparecchi, ovviamente se silenziosi, è di per sé molto rilassante (provare per credere). Se poi aggiungete degli oli essenziali (in genere c’è uno scomparto ad hoc nell’umidificatore), beh, oltre ad avere aria umidificata e salutare, avrete anche un piacevole profumo per casa che rilasserà i vostri sensi.

L’importanza di un umidificatore per le nostre piante in casa

L’aria troppo secca, lo avrete capito, non fa bene a noi, e non fa bene a nessun essere vivente in generale (virus a parte). Nel caso specifico di piante, soprattutto se di origine tropicale, aria troppo secca vuol dire margini e punte delle foglie che si seccano. Anche il ritmo di crescita delle piante è influenzato dall’umidità dell’aria. Per alcune piante, il livello ottimale di umidità, quello che le fa stare davvero bene è del 60% o poco più. Farle stare in un ambiente con aria molto secca, diciamo con il 30%-40% di umidità al massimo, non da’ di certo un boost alla loro crescita, anzi. Ecco perché è fondamentale avere uno o più umidificatori in casa, per loro e per noi.

Dove posizionare l’umidificatore

Prima di parlare dei modelli migliori di umidificatore presenti sul mercato, vale la pena fare un semplice ragionamento sul “come” utilizzare l’apparecchio in funzione piante. Se pensate che con un umidificatore riprodurrete l’ambiente umido tropicale tipico dei luoghi di origine delle vostre piante, beh, siete fuori strada. O meglio, fare una cosa del genere con un umidificatore è possibile, ma solo se lo posizionate dentro una serra fai-da-te allestita in casa o in veranda. Se invece vi piace godervi le vostre piante come veri e propri pezzi di arredamento su scaffali, mensole, mobiletti, insomma non in una serra, ecco, l’umidificatore può aiutare a migliorare l’umidità dell’aria che respirano (sì, anche le piante respirano), ma non la porterà mai alla percentuale ottimale. Un umidificatore in genere è in grado di umidificare l’aria di una grande stanza, come un soggiorno, ad esempio e già questo è qualcosa. È chiaro che le piante, più si trovano nelle vicinanze dell’umidificatore, più ne beneficiano. Per una resa massima, posizionate un umidificatore in una posizione più alta o al livello delle foglie più alte delle vostre piante, in modo che la nebbiolina (che in genere spara verso l’alto), si sparga per bene. Se avete una zona dove tenete più piante tropicali (aracee, marantacee), beh, neanche a dirlo, cercate di mettere lì il vostro umidificatore.

Levoit, il marchio leader nel mercato degli umidificatori

Cominciando a parlare (finalmente, direte voi) di umidificatori acquistabili, bisogna dedicare un paragrafo all’azienda leader di mercato. L’americana Vesync, è l’azienda proprietaria del marchio Levoit, in assoluto il brand più in ascesa negli ultimi anni per quel che riguarda gli umidificatori. Badate bene, si parla di “umidificatori” e non di “purificatori” d’aria. Una bella differenza, sia in termini di prezzo (molto più alto, in media, quello dei purificatori d’aria), sia in termini di funzionalità. Essendo io e chi legge questo articolo, amanti di piante, direi che possiamo concentrarci solo sugli umidificatori, a purificare l’aria ci pensano le piante!
Come dicevo, Levoit è un marchio molto forte sul mercato, probabilmente il migliore in Italia, anche solo dando un’occhiata alla linea di prodotti. Super affidabili, molto silenziosi (sono tutti sotto i 28 dB) e contraddistinti anche da un bel design, Vesync propone i seguenti umidificatori:

LEVOIT Dual 150: è l’entry level. Adatto agli ambienti piccoli (copre adeguatamente una stanza di 20 metri quadri), ha comandi molto semplici e manuali, un serbatoio da 3 litri che può durare (in continua) 25 ore prima di esaurirsi. L’acqua può essere agevolmente caricata dall’alto e la si può “condire” con oli essenziali idrosolubili, qualora si voglia un po’ di relax da aromaterapia. Escludendo il bagno (tipicamente umido) e la cucina, questo umidificatore è ideale per la camera da letto. Si spegne in automatico una volta esaurita l’acqua nel serbatoio.

LEVOIT Dual 200S: stesse caratteristiche di base del precedente (dimensione, capacità e durata serbatoio, superficie umidificabile), ma con un’importante aggiunta: può essere comandato da remoto. Come? Da smartphone tramite l’app Vesync, vocalmente tramite Alexa e Google Assistant. Questo è, a mio avviso, la cosa più importante per noi amanti di piante. Immaginate di sapere più o meno il momento della giornata in cui l’aria in casa è più secca, o magari di andare fuori per il week-end. Grazie all’app, potete impostare il programma all’orario, durata, frequenza che preferite e farlo partire in autonomia. Certo, dovete ricordarvi di lasciare acceso il wifi.

LEVOIT Classic 300S: qui si sale di livello. Serbatoio di capienza doppia rispetto ai primi due (6 litri), autonomia (in continua) di 60 ore prima di esaurire l’acqua. Ufficialmente è in grado di umidificare un ambiente di 47 metri quadri. Più realisticamente si può affermare che un salone doppio (con ingresso adiacente), è l’ambiente giusto in cui collocarlo. Come il Dual 200S è attivabile da remoto, tramite app e Alexa/Google Assistant, e ha un bel display che mostra il livello di umidità raggiunto. Come per il Dual 200S, anche con il Classic 300S è possibile impostare un livello di umidità da mantenere: l’umidificatore si spegnerà e accenderà all’occorrenza.

LEVOIT LV600S: il top di gamma. Rispetto al precedente (del quale ha tutte le caratteristiche), è in grado di umidificare ambienti più grandi, grazie alla doppia bocchetta orientabile. È possibile impostare il timer, e cioè accendere e dire all’umidificatore dopo quanto tempo spegnersi in automatico. È anche possibile scegliere tra nebbia fredda (quella che hanno anche tutti gli altri umidificatori Levoit) e nebbia calda. Non cambia molto a livello di percezione, non aspettatevi di sentire particolare calore. Sembra però che la nebbia calda umidifichi più velocemente l’ambiente. Non si è più parlato di aromaterapia: tenete conto che questo modello e il precedente, rispetto ai primi due, hanno un comodo cassettino laterale dove versare le gocce di olio essenziale, su un apposito filtro.

Qualche altro suggerimento

Bene, fatta la panoramica di umidificatori Levoit, possiamo concentrarci sul resto del mercato. Limitandomi agli umidificatori abbastanza semplici da reperire online, quelli che seguono sono abbastanza interessanti:

INNOBETA Fountain 3,0L: questo è l’umidificatore più versatile proposto dal marchio di Hong Kong. Capace di umidificare ambienti relativamente grandi (fino a 40 metri quadri è quanto viene dichiarato), ha un bel design, dimensioni contenuti (dopo tutto il serbatoio è di 3 litri, non di 6), timer, spegnimento automatico in caso di livello acqua basso e vaschetta per l’aromaterapia. Rispetto all’analogo LEVOIT (il Dual 200S), però, costa leggermente di più, è un po’ meno silenzioso, e non è attivabile da remoto.

PRO BREEZE Umidificatore 5,6 lt: quest’azienda inglese prova a fare la sua parte con questo umidificatore a nebbia fredda e calda adatto ad ambienti grandi (un po’ pretenziosa la dichiarazione ufficiale di coprire 70 metri quadri, ma rende l’idea). Il grande serbatoio garantisce grande autonomia, ma anche questo, come tutti meno i Levoit, non è governabile da remoto. Per il resto ha tutto ciò che serve: timer, vaschetta per aromaterapia, caricamento facilitato, e un design pulito e moderno.

HOMEDICS Total Comfort Deluxe: azienda americana del Michigan, è forse una delle poche che, almeno nel mercato italiano, può battagliare con Vesync, in termini di qualità e tecnologia offerti. L’umidificatore che vi propongo qui è un po’ ingombrante nella sua forma a siluro, ma perfetto per soggiorni e salotti (ufficialmente può coprire uno spazio di 40 metri quadri), in particolare per essere posizionato per terra, magari vicino a piante di una certa dimensione. Non è controllabile da remoto, ma ha un paio di caratteristiche che lo rendono interessante: cartuccia di demineralizzazione, per poterlo utilizzare senza problemi anche con acqua molto calcarea; tecnologia “clean tank” che dovrebbe assicurare una minore manutenzione.
Il costo è il più alto tra quelli degli altri umidificatori trattati in questo articolo, ma vale la pena farci un pensierino.

Considerazioni finali

Lo avrete intuito, di umidificatori in giro ce n’è per tutti i gusti. Il mercato, in Italia e negli altri paesi europei, è in forte crescita, e non è escluso che nei prossimi mesi venga fuori un produttore in grado di concorrere con le aziende americane, Vesync e Homedics su tutte. Ciò che è certo è che, essendo l’offerta già abbastanza ampia, e gli ambienti e possibilità di utilizzo molto variegati, potete soddisfare la vostra curiosità a tranches. Partite da un umidificatore piccolo magari, da posizionare in un punto dove sono concentrate diverse delle vostre amiche tropicali. Se, dopo qualche settimana, o qualche mese, avrete notato benefici, potrete sempre acquistare un secondo umidificatore, magari più grande, e cominciare a godere anche voi di un’aria meno secca e più umida.


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Biostimolanti: preziosi alleati per la salute delle nostre piante

Biostimolanti: preziosi alleati per la salute delle nostre piante

Scritto da Massimo Tortorici, 23 Ago 2022. Pubblicato in Caffè Tropicale.

Siete tornate/i dalle vacanze estive e avete trovato un po’ di piante messe male, alcune mezze-secche, altre attaccate da acari o ragnetto rosso. Oppure, si avvicina la stagione fredda, e avete paura di come reggeranno le piante che terrete fuori, per ragioni logistiche, di come risponderanno ad eventuali drastici cali di temperatura. Oppure ancora, siamo ad inizio primavera e sperate il vostro limone fiorisca e soprattutto fruttifichi il più possibile. Cos’hanno in comune queste tre situazioni apparentemente molto diverse tra loro? Voi direte: “Ansia, mi mettono tanta ansia!” Già, a parte questo, condizione obbligata quando si è piantologhe/ghi, c’è un altro elemento che accomuna tutte e tre le situazioni descritte, o meglio, una parola: BIOSTIMOLANTE. In tutti e tre i casi, se ne userete uno, potrete dormire sonni più tranquilli, o, in altri termini, ridurre l’“ansia da plantlover”.

I biostimolanti non sono concimi

Partiamo dalle basi. I biostimolanti o fitostimolanti sono diversi dai concimi e per tale ragione, diciamo subito che nel 90% dei casi si possono usare contemporaneamente all’impiego del concime. La differenza è concettuale: i concimi apportano macro- e micro-elementi (come spiego meglio in questo articolo) che, una volta assorbiti, permettono alla pianta di produrre energia. I biostimolanti, invece, apportano energia diretta alla pianta, principalmente tramite aminoacidi e specifici micro-elementi. Il concime costituisce quindi la dieta base di una pianta, i nutrienti che apporta non possono e non devono mai mancare. I biostimolanti vanno considerati più come integratori veri e propri alla dieta delle vostre piante. Come detto, i due tipi di prodotti possono essere usati in contemporanea, e cioè mischiando all’acqua di irrigazione sia il concime liquido che il biostimolante, oppure irrigando con concime e spruzzando il biostimolante sul fogliame. Ciò è vero sempre quando utilizzate un concime liquido. Nel caso utilizziate invece un concime granulare, a rilascio più lento e prolungato, meglio alternare i due prodotti.

Di biostimolanti ce n’è uno per ogni evenienza, ne parliamo nei prossimi paragrafi.

Prevenire è meglio che curare

Il primo prodotto di cui è giusto parlare è quello forse più conosciuto: CIFO Algatron. Conosciuto dai più come prodotto utile nella fase di radicazione di una talea nel passaggio da idro- o semi-idroponica a terra, Algatron è utilissimo in diverse altre situazioni. Diciamo che ogni volta che avete la possibilità di prevedere che la vostra o alcune vostre piante andranno incontro a condizioni di stress importante, utilizzare CIFO Algatron è un’ottima idea. Di che situazioni parliamo? Partenza pre-vacanze estive e quindi prolungato periodo di caldo, di siccità e di scarso ricambio d’aria; avvicinarsi della stagione invernale per un albero di Limone che deve, per forza di cose, rimanere all’aperto; arrivo (previsto grazie alle previsioni meteo) di importanti sbalzi termici, siano essi caldi o freddi; e naturalmente, passaggio talea da idro- o semi-idroponica a substrato. Volete sapere qual è il segreto di Algatron? È nel nome stesso: Alga Macrocystis. Questo biostimolante è, di fatti, un macerato di Alga Macrocystis, un’alga che contiene sostanze che aiutano ad aumentare la concentrazione di soluti all’interno delle cellule della pianta. Per farla breve, utilizzando Algatron, la vostra pianta sarà maggiormente in grado di mantenere il giusto livello di idratazione al variare delle condizioni atmosferiche dei giorni successivi. Sia chiaro, Algatron non fa miracoli, ma se utilizzato per tempo e nelle giuste dosi, il risultato è tangibile; o meglio non vi accorgerete quasi di cosa ha rischiato la vostra pianta, e andrete avanti tranquilli e beati.

Quando il gioco si fa duro…

Non siete state/i previdenti, o peggio ancora siete state/i tirchie/i pensando che, dopotutto, potevate fare a meno di un prodotto “di nicchia” come può sembrare un biostimolante, e ora vi ritrovate con piante stressate e stentate? Tranquilli, niente panico! C’è Sinergon Plus, sempre di CIFO. CIFO Sinergon Plus è un fitostimolante che, di fatti, si usa dopo che la pianta è stata sottoposta ad uno stress di qualunque natura, a differenza di Algatron che risulta utile prima dell’evento. Nello specifico è ottimo sia in casi di stress termico (troppo caldo o troppo freddo, magari anche prolungatamente), sia in casi di stress idrico (siccità o eccesso di acqua). Ecco nel caso di stress da eccesso idrico, va ovviamente impiegato nebulizzandolo sulle foglie, no di certo diluendolo nell’acqua di irrigazione. Sembra scontato, ma è meglio specificarlo. Oltre ad aiutarvi a risolvere queste situazioni di stress termico/idrico, però, Sinergon Plus è anche un ottimo alleato nella lotta contro i parassiti. In effetti, Sinergon Plus, grazie ai suoi componenti e all’energia diretta che è in grado di dare alla pianta, aiuta la pianta stessa a migliorare e velocizzare l’assorbimento degli antiparassitari che state impiegando (siano essi prodotti contro ragnetto rosso, afidi, cocciniglia, etc.). Insomma, dovete proprio averne una bottiglia in casa!

Quando i dettagli fanno la differenza

Ok gestire sbalzi termici e traumi…queste sono situazioncine che in genere si presentano con le piante da interno. Ma se volessimo dare una mano a piante fiorate o dare un supporto al mini-orto che stiamo cercando di allestire in balcone? Anche per questi casi c’è un biostimolante di riferimento: il Bio Oro, naturalmente, CIFO. Questo fitostimolante, è infatti particolarmente indicato per il supporto di fioriture e delle fasi successive, se ce ne sono. Nello specifico risulta molto utile durante l’allegagione, e cioè quella fase in cui il fruttino prende il posto del fiore. Una pianta su tutti, il Limone. Nel caso del Limone, come è noto, l’allegagione è spesso traumatica. Buona parte dei fruttini cade entro il primo mese. Una dinamica del tutto naturale. Fare la fotosintesi e far crescere fiori e frutti richiede molta energia; in più durante la primavera è difficile valutare il giusto apporto idrico da fornire, e spesso si sbaglia, dandone troppa. Il CIFO Bio Oro, supporta la pianta proprio in questa fase, e aiuta nel ridurre al minimo la perdita di fruttini. Inoltre, a quanto pare, supporta anche lo sviluppo dei frutti, migliorandone il sapore; e si può usare fino al giorno prima della raccolta, è bio 100% naturale. Insomma,  un vero toccasana, da utilizzare, a differenza degli altri due citati, solo diluito con l’acqua di irrigazione, mai sul fogliame.

Considerazioni Finali

Vi si è aperto un mondo, vero? Ora, sia chiaro, una pianta in vaso può vivere benissimo senza l’apporto di un biostimolante, il vero prodotto fondamentale per sostenerne la crescita e il nutrimento è il concime. Utilizzando un biostimolante, però potrete a tutti gli effetti affermare di essere passati ad un livello successivo di cure; soprattutto, potrete ridurre al minimo la famosa ansia da plant parent e guardare con ottimismo al futuro delle vostre amate piante.


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Quando e perché è importante usare un concime (liquido).

Quando e Perché è Importante Usare un Concime (Liquido)

Di Massimo Tortorici | Pubblicato in Caffè Tropicale il 15 – Aggiornato l’8 Mar 2025

I concimi sono FONDAMENTALI per la salute e la nutrizione di qualsiasi pianta vogliate coltivare in vaso.

Concimi in granuli, a lento rilascio o concimi liquidi, concimi organici o concimi chimici, concimi in polvere, lupini, concimi per piante verdi, fiorate, grasse…concimi su concimi, su concimi! Quando si è alle prime armi e ci si annoia ad innaffiare le proprie piante sempre allo stesso modo, improvvisamente si accende la lampadina: “non è che forse devo concimarle?” Ebbene, una volta che vi si è accesa la lampadina e volete saperne di più per capire quale concime utilizzare, fate la vostra bella ricerca su Google ed ecco che vi beccate una bella spataffiata di articoli super-tecnici, dopo la cui lettura vi pentite amaramente di non aver preso una laurea in chimica. E allora perché scrivere un ennesimo articolo sull’argomento, vi chiederete? Ma è chiaro, per mettere ordine e facilitarvi la vita, o almeno ci si prova! Motivo per cui, qui si parlerà del tipo di concime più indicato per chi vuole semplicemente mantenere delle piante dentro casa, e magari anche in balcone (ad eccezione di alberi da frutto e ortaggi, poi capirete perché).

A cosa servono i concimi

I concimi sono FONDAMENTALI per la salute e la nutrizione di qualsiasi pianta vogliate coltivare in vaso. Punto. Le ragioni sono molteplici:

1) il substrato di coltivazione, per quanto di elevata qualità, non potrà mai essere ricco di elementi nutritivi come lo sono i terreni nei quali in natura crescono le nostre piante preferite. E poi il concime di un terriccio può valere per i primi mesi di utilizzo, niente più.

2) le piante coltivate in vaso, non vivono in condizioni di spazio e micro-clima adeguati, o meglio queste non saranno mai identiche alla realtà.

3) conseguentemente ai 2 punti precedenti, le nostre piante saranno, di base, più deboli, e quindi più facilmente deperibili e attaccabili da malattie, parassiti, e altri disastri, di quanto non lo siano le loro parenti in natura.

Ebbene, per colmare tutti questi problemi, avete bisogno di utilizzare un BEL CONCIME!

Nozioni Base

I concimi altro non sono che composizioni di una certa quantità di macro-elementi e micro-elementi. Senza entrare troppo nel merito, ciascuno di questi svolge una certa funzione nel nutrimento della pianta, ma in questa sede, vi basterà sapere che i macro-elementi principali sono tre: Azoto (N), Fosforo (P), Potassio (K). Quella tra parentesi è la nomenclatura chimica di ciascun elemento, la base per poter leggere l’etichetta di un concime, sulla quale troverete queste tre lettere sempre in rigorosa successione, N-P-K, e numeri a seguire. I numeri indicano la quantità percentuale di quel macro-elemento presente nel concime. Ad esempio, un concime NPK 14-5-8, sarà costituito, traducendo, al 14% da Azoto, al 5% da Fosforo, all’8% da Potassio. Ma a cosa servono?

I 3 macro-elementi

Di seguito le funzioni dei vari macro-elementi:

  • l’Azoto (N) stimola la crescita delle parti verdi, in tutti i sensi: tronchi, fusti, steli, germogli, fogliame, fiori e frutti; e lo fa anche e soprattutto facilitando la fotosintesi. Decisamente l’elemento più importante.
  • il Fosforo (P) incide sullo sviluppo dell’apparato radicale ed è molto importante per il processo di divisione cellulare. Aumenta quindi la capacità della pianta di produrre energia.
  • il Potassio (K) influenza la capacità della pianta di conservare acqua e nutrienti, riducendone l’evaporazione dalle foglie. In altre parole, è l’elemento che massimizza la gestione dell’energia.

Tutti e tre questi macro-elementi, concorrono al rafforzamento della salute della pianta, aumentandone la resistenza a parassiti, attacchi fungini e condizioni climatiche avverse.

Gli altri macro e micro-elementi sono, in questa sede, trascurabili, aggiungeremmo troppa carne al fuoco.

Differenze tra concimi liquidi e concimi granulari

Ok, se a questo punto della lettura vi siete convinte/i che investire qualche euro l’anno in concimi sia una buona idea, nasce il primo dubbio: meglio un concime liquido o uno granulare? Questa è la scelta principale che dovrete fare, posto che, come vedrete, le case produttrici vi suggeriscono poi un concime per ogni tipo di pianta. Comunque, sbrighiamo subito questa pratica:

  • il concime liquido è facile da dosare, quando si tratta di pochi litri d’acqua, il concime granulare no. E se vi sbagliate con le dosi, nel senso che impiegate troppo o troppo poco concime granulare, le piante trattate potrebbero andare in overdose (letteralmente friggendo le radici) o subire gravi carenze nutritive.
  • Il concime granulare, a lento assorbimento, è soggetto agli agenti atmosferici: se piove troppo, si diluirà troppo in fretta, dissipandosi e quindi non nutrendo la pianta gradualmente, come dovrebbe; il concime liquido è già diluito e quindi il suo apporto alla pianta non varia al variare degli agenti atmosferici.
  • I concimi liquidi possono essere somministrati anche per via fogliare (diluendoli in acqua, secondo le dosi indicate dal produttore) caratteristica molto utile nel caso in cui, ad esempio, dopo 10 giorni il substrato del vostro Ficus Lyrata è ancora bello umido, ma voi sapete (da etichetta) che quel concime può essere somministrato ogni 10 giorni e non ogni 21.

È evidente, quindi, che le due tipologie di concimi rispondono a situazioni/esigenze diverse.

In quali casi preferire un concime liquido

Sintetizzando quanto detto nel paragrafo precedente: se avete un orto, delle aiuole, o una serie di alberi da frutto, utilizzate un concime granulare (anche perché quelli liquidi, essendo a rilascio immediato, vanno utilizzati più spesso e sono venduti in confezioni piccole). Se però le piante che dovete trattare sono tenute in casa o anche in balcone/terrazzo/patio/ingresso, alloggiate in vasi e vasetti, usate un concime liquido. Anche nel caso in cui abbiate delle grosse vasiere decorative messe fuori in terrazzo, meglio un concime liquido (ricordatevi il discorso sugli agenti atmosferici).

Quale concime liquido scegliere?

Ed eccoci arrivati alla parte più pratica: “quale concime compro?” In commercio ce ne sono tanti, ma ferma restando la macro-distinzione liquidi/granulari, quello che fa la differenza è la composizione. Dovete chiedervi: preferisco un concime più “piatto” che abbia un pò di tutto, o un concime che sia più sbilanciato su certi macro-elementi e che mi permetta di nutrire le piante secondo le loro e le mie esigenze? Per noi di Pianteincasa la risposta è semplice: la seconda! Per questo nel nostro negozio e nel nostro shop online  vendiamo solo concimi liquidi Cifo. La composizione dei concimi liquidi Cifo è più sbilanciata sul macro-elemento principale per la specifica “categoria” di pianta-obiettivi, risultando “meno universale” e più specifico rispetto agli analoghi concimi di altri marchi.

Concimi liquidi per piante verdi (da interno ed esterno)

Quelle che i produttori chiamano piante verdi, altro non sono che il 90% delle specie tropicali che abbiamo tutti in casa (Felci, Pothos, Strelitzia, Ficus, Monstera, Alocasie, Palme, Pilea, Filodendri, Calathee, etc.). Quale sarà il concime migliore per queste piante? Ma è chiaro, un concime con maggior concentrazione di….Azoto! In questo modo le vostre piante  saranno in grado di sviluppare foglie più grandi e sane. Ecco il nostro preferito della categoria:

CIFO per Piante Verdi: concime con composizione NPK 14-5-8, decisamente più sbilanciato sull’azoto. Va da sé che questo concime è una bomba se usato in pieno periodo vegetativo, quindi da Aprile ad Ottobre. Fate una bella scorta, la stagione della crescita è bella lunga e, da manuale, questa prelibatezza può essere somministrata alle nostre amiche piante circa una volta a settimana (se innaffiate ogni 10 giorni, ogni 10 giorni,etc).

Concimi Liquidi per Piante Fiorite

Qui ci riferiamo a tutte le piante famose per i propri fiori (Hibiscus, Geranio, Gelsomino, Plumbago, Dipladenia, Lantana, Passiflora, etc.), per le quali l’obiettivo è quello di favorire fioriture abbondanti e prolungate nel tempo. Salvo continue calamità naturali, la fioritura dei vostri balconi durerà davvero per tutta la bella stagione. Il macro-elemento predominante in questo caso è il Fosforo, ma in generale anche il Potassio è abbastanza presente. Per poter produrre fiori, infatti, una pianta deve avere tanta energia a disposizione, e al tempo stesso deve essere in grado di non disperderla rapidamente. Comunque, questo è quello che propone CIFO:

CIFO per Piante Fiorite: Pesantemente sbilanciato sul Fosforo, andateci piano con questo (leggete sempre l’etichetta con le istruzioni d’uso), ma utilizzatelo senza esitare, soprattutto in primavera/estate. Nel dettaglio, la composizione è NPK 8-12-6, a riprova di quanto detto sulla predominanza del Fosforo!

Concimi liquidi per piante grasse

“Eh no, pure alle grasse il concime no!” direte. Eppure, anche loro appartengono alla categoria “piante”, ed essere molto resistenti non vuol dire non aver bisogno di sostanze nutritive. Soprattutto, la resistenza è una qualità che non dura in eterno, a maggior ragione se le nostre amichette sono esposte per certi periodi a temperature basse o sono tenute in casa in condizioni di luce non ottimale. L’elemento principe qui è il Potassio.
Vanno bene per cactus, euphorbie, crassule, agave, aloe, sansevierie, etc.

CIFO Piante Grasse: la composizione NPK 3-6-12 garantisce un buon 25% circa di macro-elementi. Il ferro, quarto elemento predominante, garantisce una colorazione vivida per le vostre succulente. Suggeriamo la confezione piccola, vista la quantità minima che ne userete di volta in volta e la frequenza con cui lo farete.

E il concime per limoni e agrumi?

Capitolo a parte per i concimi da impiegare su limoni e agrumi. I produttori infatti si concentrano su concimi granulari da disciogliere in acqua, e quindi siamo un po’ fuori dal tema dell’articolo. Vale comunque la pena fare un paio di esempi validi:

CIFO Concime idrosolubile per agrumi da frutto e ornamentali: ben bilanciato sui 3 macro-elementi, è anche ben corazzato di micro-elementi che agiscono contro l’ingiallimento fogliare (ferro) e rafforzano la tenuta e lo sviluppo dei “fruttini”. Da usare ogni 10-15 giorni sul terreno sciogliendo 4,5 grammi di prodotto in 2,5 litri d’acqua. Da provare anche la somministrazione fogliare, con stesse tempistiche, ma dosaggi differenti.

COMPO Concime per Limoni e Agrumi: concettualmente diverso rispetto al precedente, questo è un concime a lento rilascio, e cioè una volta somministrato, siete a posto per 2 mesi, massimo 3. Idealmente dovreste utilizzarlo 4 volte l’anno: inizio primavera, fine maggio, agosto e ottobre. Ricco di azoto, potassio, manganese e una serie di micro-elementi utili alla salute dei vostri agrumi.

Visto il tema dell’articolo, c’è in realtà un concime liquido per limoni e agrumi che mi sento di consigliare. Si tratta di BIOBOB Concime Biologico Concentrato, prodotto da Bioagrotech, un’azienda di San Marino specializzata in trattamenti naturali per l’agricoltura biologica. Essendo un concime liquido, va somministrato un po’ più spesso rispetto ai 2 citati in precedenza, una volta a settimana. Quindi occhio alle scorte.

Considerazioni Finali

Avrete capito ormai che i concimi sono importanti per passare ad uno step successivo nella cura delle piante. La suddivisione per categorie è utile, sia alle nostre piante, sia per soddisfare le aspettative che tutti noi abbiamo quando ne compriamo una. L’uso del concime non va visto come opzionale, ma come basilare per la salute delle nostre piante. Somministratelo con costanza e seguendo sempre le istruzioni del produttore, vedrete che gli effetti positivi non tarderanno a manifestarsi!


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